White Clay
Pensieri, parole, vita, matematica, Giappone, viaggi, Asia, linguaggi, racconti, Tango
mercoledì 1 dicembre 2010
Il pazzo
White Clay
martedì 16 novembre 2010
I magneti
Ho conosciuto persone giocare ai magneti, ed un pò forse ci ha sempre affascinati tutti il gioco delle calamitine.. che si seguono a distanza, anche attraverso un grosso spessore, o che si respingono con una forza che quasi non riusciamo a contrastare anche se le calamite sono piccolissime. A volte giochiamo ad attrarre, a volte a respingere, e c'è chi si diverte come un bambino dispettoso prima sempre un pò ad attrarre e poi subito dopo a respingere.
White Clay
giovedì 4 novembre 2010
Buenos Aires senza meta - Lo spettatore [Parte 3]
Scendo dal taxi e mi sento subito osservato. Mi giro e vedo sull'uscio della milonga una bellissima donna, con un età indefinita dai 25 ai 30 anni che istintivamente mi sorride e mi saluta. E' accompagnata, ma non riesco a distogliere lo sguardo dal suo sorriso che ricambio senza staccare gli occhi dai suoi. Nelle sale da tango capita frequentemente di salutarsi anche se non ci si conosce.. E' un modo per sciogliere il ghiaccio che si potrebbe creare tra perfetti sconosciuti al primo contatto. Dopo un saluto ed un poco di tempo, se per caso andassi ad invitarla a ballare non saremo più perfettamente estranei, saremmo quelli che si sono salutati venti minuti fa.. Sono contento di aver visto qualcuno di giovane qui attorno, cosa non scontata nelle milonghe di Buenos Aires, e dopo aver fatto il biglietto in quello che sembra l'ingresso di un vecchio cinema di marmo risalgo la scalinata che mi hanno indicato da dietro il bancone, anch'essa completamente in marmo. Quando entro nella sala mi trovo al centro dell'attenzione. C'e' pochissima gente, una ventina di persone o poco più, e credo che a parte 5 o 6 turisti gli altri si conoscano tutti. Il fatto che ci sia poca confusione, mi rincuora abbastanza, farò meno fatica a ballare se non ci sarà traffico in pista; per il fatto di essere al centro dell'attenzione mi importa poco, non ho mai ballato per gli atri, solo per me e la mia ballerina. Spero con tutte le mie forze che ci sia qualcosa da mangiare ho il fisico in riserva, ma la novità e la bellezza del posto mi tengono su, anche se dovessi saltare la cena. Mi siedo ad un tavolo sul lato sinistro della pista ed il cameriere mi nota, essendo l'unico oggetto alieno che si muove per la sala. Ci salutiamo con un gesto del capo e gli chiedo se ha una carta. Il mio stomaco pende dalle sue labbra e quando sente la risposta "Claro!" ha un sussulto di contentezza. Ordino un paio di Empanadas (assomigliano ai nostri tortelli dolci, ma sono salati e con dentro uno spezzatino di carne e verdura). Non voglio mangiare tanto quanto desidererei.. voglio mantenermi lucido e pronto a ballare. Intanto noto che la mia presenza (sono vestito molto elegante) ha suscitato la curiosità degli habitué del posto. Li vedo curiosi di sapere chi sono: ed io li lascio fantasticare.. Potrei essere un professionista o un maestro , oppure un principiante allo sbaraglio, un gangster o magari il regista del prossimo film sul tango alla ricerca di volti nuovi. Sarà poi mia cura disilluderli al mio primo ballo, sono solo uno studente volenteroso, che farebbe qualunque cosa per praticare ed imparare. Ma ora sono concentrato sul cibo.. l'annuncio del suo arrivo mi ha tolto la capacità di fare qualunque altra cosa, se non attendere il cibo. Arriva.. Non mi ci avvento sopra a testa bassa, anche perchè è bollente e poi ho gli occhi abbastanza puntati addosso. Mangio con calma e sorseggio la mia coppa di vino tinto, ma le mie mascelle hanno la velocità e la sicurezza di chi non mangia da tempo. Convinco il mio stomaco che 2 empanadas sono sufficienti perchè c'e' dentro la carne ed il vino rosso è calorico, così mi appresto a guardarmi in giro.
Nel frattempo gli habitué del posto hanno allestito un vero e proprio spettacolo per me. Si sono messi a ballare e qualcuno, diciamo il più bravo ed elegante della pista ha fatto un paio di ronde strette in prossimità del mio tavolo con la sua compagna e mi guarda spesso, per farmi notare la sua collaudata tecnica. Io dentro di me, mi sento molto grato di questo, sia per il fatto che mi sta considerando, benchè sia un misterioso nessuno, sia perchè sono venuto qui per questo, per vedere come la gente balla a Buenos Aires. Apprezzo molto l'ospitalità ed alla prima occasione di incontrare il ballerino esperto nel corridoio laterale, lo saluto con un accenno di inchino che lui ricambia con eleganza: e questo è quanto avevamo da dirci per quella sera. Intanto avevo notato la ragazza che mi aveva salutato all'ingresso prendere posto con altre tre persone, in tutto due ragazzi e due ragazze, in un tavolino dal lato opposto del salone di marmo. C'e' poca gente in milonga e la ragazza dal sorriso stupendo sta scendendo in pista assieme ad uno dei suoi accompagnatori, mentre l'altra coppia li segue a ruota. La ragazza che mi ha salutato è molto bella e si muove in maniera sinuosa, col suo ballerino hanno uno stile di ballo molto vistoso ed ingombrante ma sono armonici e questo rende gradevole seguirli con lo sguardo. La coppia che li segue e con la quale sono entrati invece mi sembrano molto meno armonici ed avverto i loro scambi di energia troppo forzati, mi concentro sui primi.
Terminato il ballo e dopo qualche esitazione parto. Mi dico: "Non sarò mai più qui e ora. Ora è il momento di fare le cose". Dal momento che siamo praticamente gli unici giovani veramente interessati al tango presenti in sala, circumnavigo la pista e mi presento al loro tavolo. Per rompere il ghiaccio provo con un complimento: "Ustedes es maestros?" ("Voi siete maestri?"). Con un po' di sorpresa mi dicono che lo sono, si presentano e mi fanno spazio per invitarmi a sedere con loro al tavolino: adoro i popoli latini. Facciamo due chiacchiere sul locale, sul fatto che ci siano pochi giovani a Buenos Aires che ballano il tango, e su una coppia di attempati, coreografici e scoordinati ballerini che sono ora a centro pista. Ci convinciamo che siano parte dello staff e siano lì per togliere l'imbarazzo di ballare a chiunque lo desideri, anche se poco o per nulla esperto. Cosi' leggermente divertiti, anche se un po' imbarazzati per il livello di ballo decidiamo di chiamarli "Allegria", che in spagnolo si scrive con una "l" in meno, ma la parola rende uguale. A sorpresa per me che non capisco bene lo spagnolo, le luci del locale si accendono ed il titolare del locale annuncia l'imminente l'esibizione dei ballerini al mio tavolo, che tra gli applausi generali del pubblico sta per avere luogo.
Finita la pregevole esibizione e con lo sfumare degli applausi le luci tornano basse come prima e la serata sembra volgere verso il termine, ma io mi gioco il tutto per tutto e chiedo alla ragazza dal sorriso magico, che ha da poco terminato l'esibizione, se le va di ballare con me, anche se sono solo un principiante. Mi sorride ed acconsente, sembra felice che glielo abbia chiesto e per la sua grande gentilezza è disposta a rischiare. Le donne spesso seguono un istinto di cui ignoro i confini e questo non finirà mai di sorprendermi. La musica inizia e noi ci abbracciamo, come la tradizione richiede.
Sento la pressione del suo petto contro il mio, fisicamente stiamo per formare un'ombra sola. Il suo abbraccio è tenerissimo anche se è deciso nello stringermi a se. E' chiaro che non andremo da nessuna parte se non assieme, qualunque cosa accadrà la affronteremo assieme, ci affidiamo uno nelle braccia dell'altro, come se fosse una promessa eterna, e non pensiamo che tra non più di tre minuti il tutto potrebbe finire. Inizio la prima apertura sfiorando con il mio piede sinistro il pavimento liscio, lei mi segue come velluto e sento il mio cuore battere forte come non aveva fatto mai, non veloce: forte. Le pulsazioni sono cosi' detonanti che sento scuotere l'intera gabbia toracica, e penso che le possa sentire anche lei. L'emozione è immensa, siamo in una città sconosciuta, nella milonga più storica, famosa ed elegante di Buenos Aires dove tutto è marmo, intarsi dorati e musica e siamo praticamente da soli in pista. Il pubblico non è abbondante, ma se ne percepisce la presenza: sento che anche se ci fossero state altre 1000 persone lì a guardarci, non mi sarebbe importato, io ero lì per ballare con lei e nessun'altro essere umano su questo pianeta. Penso che se tutto quello che mi è costata la vita fino ad ora è servito solo per essere qui adesso con lei in questo momento, ne è valsa la pena. La musica comincia a chiamarci e noi la seguiamo; nelle scuole di tango insegnano che è l'uomo a "guidare"il ballo, a dare la "marcacion", la direzione. Ma quella volta non è stato così: il mio corpo non era più una mia proprietà privata, il quarantacinque percento era suo ed un quarantacinque pecento della musica, solo il restante dieci era rimasto mio: uno spettatore di prima fila. Le nostre guance si sfiorano e lentamente si appoggiano delicatamente una verso l'altra fino a che le nostre tempie vengono quasi in contatto; da qui in poi il tempo non esiste più, o almeno io ne sono uscito. Conosco quello che all'università insegnano sulle leggi della fisica e dell'energia, e qualunque scienziato potrebbe dirmi che non lo posso dimostrare. Ma io posso sentire il contatto del pavimento attraverso i suoi piedi. Quando ci fermiamo da un passo rapido in una figura più lenta e lei sfiora il pavimento di marmo fresco e leggermente ruvido, io ho gli occhi chiusi e sento la suola delle sue scarpe disegnare sul pavimento: ma la sento dall'interno della sua suola e sento la sensazione di borotalco che la povere depositata sul fresco del marmo regala. Senza un volere cosciente la imito e faccio dei piccoli cerchi simmetrici ai suoi con il mio piede destro per comunicarle la stessa sensazione di piacevolezza. Mi ero sempre chiesto perchè i ballerini facessero quegli sfioramenti coi piedi sul pavimento, ora lo so: quando due anime arrivano ad essere così vicine, è come concedersi la carezza più tenera e più intima che ci si possa scambiare in pubblico. Sento il collo caldo e umido dal suo respiro; se stessimo facendo l'amore, questo sarebbe uno di quei momenti magici in cui i due corpi diventano una sola cosa. In media un tango dura dai due ai tre minuti, ma in questo caso il tempo è stato fuori da noi e solo il finire della musica ci riaccompagna come una carezza al centro della pista, dove avevamo lasciato i nostri corpi nel loro primo abbraccio. Spero ardentemente che le sensazioni che ho avuto con lei non siano state solo mie, lei è una ballerina professionista e chissà con che ballerini meravigliosi avrà ballato. Ma lei non si muove, rimane rilassata aderente al mio petto, sento forte il suo calore e il suo profumo, e quando dopo poco lentamente ci separiamo ha gli occhi sorridenti e lucidi. E'un po' sorpresa come lo sono io d'altronde, fino a un ora fa eravamo due che si sono salutati sull'uscio. Mi sussurra con un filo di voce "Muy lindo..", a me scoppia il cuore, e ci viene da sorridere come due bambini che hanno appena scoperto un nuovo giocattolo. Qualcuno tra il pubblico applaude, pensa abbia fatto un esibizione anch'io, e non si rende conto invece che io ero uno spettatore come lui. Mi vergogno un po' di aver vissuto quel che ho vissuto con una donna sposata in pubblico a pochi metri da suo marito, ma è stato solo un ballo, ed in milonga si va per ballare. Occhi umidi e cuore a mille, ora per me è impossibile proferire parola: la parte più difficile sarà tornare al posto facendo finta che non sia successo niente. Per fortuna loro stanno conversando al tavolino di qualcosa che gli interessa molto, perchè io non riuscirei a parlare nella mia lingua figuriamoci in una straniera. Cerchiamo di non incrociare gli sguardi, ma la vedo sorridere molto ed ha gli occhi ancora un pò lucidi. Io ora sono poco di compagnia, rispondo con sorrisi e frasi di circostanza, e mi chiedo se la vita possa anche essere così bella. Un risposta non ce l'ho, e mi guardo bene dal cercarla: tengo la bocca chiusa perchè voglio quest'emozione con me per sempre.
White Clay
mercoledì 20 ottobre 2010
Buenos Aires senza meta - Persone [Parte 2]
Le lezioni, 4 ore in tutto, passano più o meno veloci, le partners sono molto diverse, e di sicuro qualcuna di esse non continuerà il tango,ma era lì solo per curiosare: ma non mi importa la fatica, voglio lavorare sul mio corpo e fare esperienze il più possibile, quindi terminate queste mi godo un pezzo di torta al ciococlato con un bel the caldo speziato orientale al bar di sotto. Intanto mi preparo a raccolgliere le energie per le altre due ore di allenamento che mi attendono nel barrio (quartiere) San Telmo. Ho tempo, quindi decido di non prendere il taxi e di andarci a piedi: questo in seguito si rivelerà un grossolano errore di valutazione. San Telmo di notte non è percorribile a piedi da un turista, ma di giorno si.
Ho calcolato male le distanze e mi trovo all'imbrunire, molto lontano ancora dalla scuola dove devo andare e dove sarò al sicuro. Nel passaggio dal giorno alla notte c'e' una zona intermedia,e questo vale anche per le persone che popolano la calle (strada). Per un tempo anche troppo lungo per la mia mente, ma che nella realtà non sarà durato più di un ora, ho la sensazione di trovarmi all'inizio di un film dell'orrore, maledetta televisione!! I normali lavoratori vesiti decorosamente che circolano durante il giorno stanno cedendo il passo alle persone che ora andranno a frugare nella spazzatura ciò che i primi hanno abbandonato durante il giorno, per cercare qualcosa da mangiare o da riciclare. Singolarmente difficilemente sono aggressivi, ma dopo una certa ora quando si ritrovano in branco e bevono, allora è meglio non essere uno straniero che passa di li. Ho proprio sbagliato i tempi e le distanze, ed ora sta diventando buio.
Ci siamo. Quello che non volgio più di tutto è pensare attraverso la paura e attraverso i miei pregiudizi, e su questo sono disposto a quanto pare a giocarmici la vita. Guardandomi indietro nel passato mi accorgo che ho sempre rischiato la vita di tanto in tanto: non ho mai capito perchè lo faccio, forse per una fievole rivalsa verso la paura che in tutto ci domina e ci chiude in un guscio dentro il quale dopo poco, mancano novità e ossigeno. Ecco col mio becco, ogni tanto, è come se cercassi di fare un foro in questo guscio, per respirare un po' dell'aria che c'e' veramente fuori dai miei pregiudizi e dai miei pensieri abituali: quindi continuo a camminare. Non sono uno sprovveduto, ed almeno metto su un passo da marines e tengo la muscolatura delle spalle sciolte e calde per qualunque evenienza: ma gli occhi e le orecchie sono il mio vero contatto con la realtà fuori dal guscio, di loro mi fido. Voglio credere di essere ancora in un mondo di persone, anche se affamate, e che riuscirò a capire in anticipo ed eventualemnte a gestire, indipendentemente dall'esito, qualunque situazione mi si presenti. So che essere qui a camminare contro la mia paura ed i miei pregiudizi è più importante di me, forse è lo scopo del viaggio, quindi proseguo. Qualcuno mi chiede qualcosa, ma i suoi occhi sanno di minaccia, rispondo no grazie e continuo il mio passo. Sto tenendo un livello di energia molto alto, e chiunque mi veda arrivare sa che dovrà affrontare un combattimento prima che io cada.Tengo la paura fuori da me e cammino.
Arriva un furgone bianco in contro mano, mi nota o cosi' mi sembra. Senza fermarsi, poco prima di incrociarmi rallenta praticamente a passo d'uomo e apre il portellone scorrevole, dalla parte dove sono io. Da dentro emergono quattro uomini molto robusti che mi guardano. Istintivamente li guardo e guardo le loro mani,la loro forza è di molto maggiore ripetto alla mia, in caso di scontro diretto non avrei speranze ragionevoli. Ci guardiamo dritti negli occhi senza fermarci. Potrebbeero anche essere dei muratori che tornano dal lavoro, ma perchè hanno aperto il portellone proprio nella mia corrispondenza ed hanno rallentato. Sono pronto a lottare sia con la mente che con il corpo, ma spero di non doverlo fare oggi, sono troppo in svantaggio. Ho già corso dei rischi, però ora è come se sentissi dentro che il mio giorno non è oggi, e questo mi rincuora quel tanto che basta. Poco prima che mi oltrepassino distolgo lo sguardo dai loro, all'ultimo momento, per non cercare la sifda, ma mi sento disposto ad affrontare qualunque epilogo. Dal mio sguardo e dal mio portamento, spero che abbiano capito che venderò cara la pelle. Proseguono, con il portellone aperto, in attimi che mi sembrano lunghissimi, dilatati: passano oltre. Non saprò mai se ho lottato solo con la mia paura o la sorte ha deciso che devo fare ancora qualcosa in questo mondo prima che venga il mio tempo. Allora continuo, non posso fare altro. Mancheranno ancora 15 minuti alla scuola, ho l'adrenalina a 1000 e sto consumando molte energie. Non voglio aver fretta di arrivare, è un lusso che non voglio e non posso permettermi: se dovrò morire, lo farò qui ora e adesso, mentre sto inseguendo il mio sogno sulle mie gambe al pieno delle mie forze, oggi non accetto scorciatoie ne che la paura mi domini di nuovo, mi ha già rovinato l'esistenza quanto basta.
Riconosco la strada, mancheranno 30 metri alla scuola, dentro sarò al sicuro, anche se ora ho piu' poche energie; ma non accellero, oramai ho vinto nella mia mente. Vedo esseri umani, non vedo zombie nelle persone che stanno popolando la strada ora per cercare qualcosa con cui sopravvivere. Vedo persone. Arrivo davanti alla porta della scuola, ma è chiusa. Suono il campanello e poi noto un cartello che dice che la lezione di oggi è annullata. Non mi arrabbio, forse è meglio così, ero troppo stanco per affrontare altre due ore di allenamento. Ho letto su internet che a soli due isolati da qui c'e' un "festival", una sagra del barrio S.Telmo dove ballano tango, e so che durante i festival, anche i turisti possono circolare e sono al sicuro. Dato che sono venuto fino in Argentina, mi faccio anche questi due isolati, voglio vedere il tango della gente, quello vero per la strada. Di nuovo ho considerato male le distanze, o è la mia stanchezza che le ingigantisce. Però ora sono su una via principale, e qui qualche taxi ogni tanto si vede, anche se passano molto veloci. Non mi sento perso, so dove sto andando, solo che è più lontano del previsto. Vedo gente accumulata in una via, deve essere qui vicino. Sì era qui, ma sta terminando, e stanno smontando le bancarelle e tutto è di nuovo troppo buio perchè io possa abbassare la guardia. Mi imbuco lo stesso, non posso mollare ora che ho fatto tanta strada, ma sento le forze andare in riserva; devo aver chiesto troppo al mio corpo e lo ringrazio per lo sforzo che ha fatto. Avanzo con scioltezza un poco contro il mio istinto di sopravvivenza, e anche qui vedo le persone che vivono per la strada, iniziare il loro turno. Cammino ancora, ma sento che non potro' resistere molto più a lungo senza trovare una meta. Attraverso uno spigolo che si affaccia su una piazza e mi arrivano un paio di note.. non ci posso credere.. sono arrivato!! mi avvicino ancora di più oramai in preda al sogno: è la musica del tango quella che sento, e loro stanno danzando: ora sono al sicuro.
Entro in un bar e chiedo un "Sumo de naranja natural" una spremuta d'arancia fresca e mi siedo. La cameriera mi dice che da li a poco sarebbe iniziato uno spettacolo di tango, su un palchetto improvvisato in fondo alla sala. Lo sapevo ho fatto tanta strada ed ora mi sento di nuovo a casa. Ci sono molte persone al bar tavola calda, tutti sono in compagnia e quasi tutti mangiano. Io sono troppo stanco per mangiare, però sento che avrei bisogno di compagnia anch'io. Provo a comunicare con le due ragazze sedute al tavolo al mio fianco, una è divertita dal mio goffo presentarmi, l'altra stassera non è uscita per fare conoscenze,e probabilemnte gradisce una serata tranquilla con la sua amica. Cosi' faccio due chiacchere con gli artisiti che si andranno ad esibire da li a poco sul palco,perchè in fondo loro fanno quel che vorrei far io da grande, vivere di tango. Le esibizioni sono gradevoli, anche se pare che io sia l'unico a seguirle con interesse, ed intanto sento le mie forze ritemprarsi. Saluto, faccio un paio di foto con gli artisti e mi ri dirigo verso il festival all'esterno. Le mie gambe mi chiedono di non domandare un ballo, per un paio d'ore almeno, ed oggi hanno proprio raigone loro. Sicchè mi fermo a guardare un po': il livello è popolare, c'e' qualcuno molto bravo ma anche gente comune, potrei tranquillamente ballare anch'io se non avessi esaurito le scorte.
Whyte Clay
giovedì 14 ottobre 2010
Buenos Aires senza meta - La vetrina [Parte 1]
L'impermeabile è pulito.. non riesco a capire come sia possibile, ma è riuscito a trovare il modo per lavarlo, certo non stirarlo, ma comunque non puzza ne è macchiato. Noto la dignità di un padre nel suo portamento, la forza degna di un uomo che prima deve pensare agli altri, alla sua famiglia prima che a se stesso.
Non mi ero sbagliato, si ferma a controllare un cestino della spazzatura lungo l'Avenida Corrientes: noi neppure immaginiamo quello che la gente ricca getta via di ancora utilizzabile o riparabile. Lo olrtepasso, e sento il freddo come una lama attraversarmi il petto.. Non posso fare a meno di pensare: "Non è giusto. Non sono migliore di lui, solo la sorte ci separa". Immagino che potrei essere io, con la sua stessa dignità, senza chiedere niente a nessuno, se solo avessi avuto in sorte la sua storia. Sogno di aiutarlo in qualunque modo, dargli dei soldi.. ma sento che la sua composta dignità non lo farebbe sentire a suo agio.. a modo suo, sta lavorando. Ha trovato qualcosa che ora sta mettendo nel trolley, probabilemte sa che forse gli permetterà di guadagnarsi un pezzo di pane anche quel giorno, ed io non ho il coraggio di incrinare la sua dignità. Gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime, ma non importa sto camminando tra questo popolo latino e malinconico, che se anche scorgesse delle lacrime sul mio volto avrebbe al cortesia di distogliere lo sguardo e lasciarmi smaltire il mio pensiero, nella privacy del mio camminare: ci sono molti sguardi offuscati di questi tempi che girano per le strade di Buenos Aires.
Un minuscola idea improvvisa inizia come una piccola stella appuntita a emettere luce tra la mente e il cuore. E' molto piccola, ma forse si può fare.. Io dalla mia parte ho un piccolo vantaggio: sono un pazzo, sono cosciente di esserlo e sono da solo. E questo mi da molta libertà di movimento.. Devo fare in modo che nessuno se ne accorga, e devo farlo nel tempo giusto, ne troppo presto ne troppo tardi. Mi fermo e non lo guardo direttamente. Solo con lo sguardo periferico, per sapere dov'e' e quando terminerà l'analisi degli oggetti del cestino precedente. Mi giro senza dare nell'occhio ed ora gli volto le spalle; dal portafoglio come se dovessi controllare qualcosa estraggo rapidamente 100 pesos: la pazzia quando la accetti è un potente alleato, ti rende rapido.. ripongo il portafoglio in tasca e tengo i 100 pesos arrotolati nel palmo della mano in modo che non siano visibili dall'esterno. Ora attendo, faccio finta di aspettare un auto o un taxi.
Non lo so se ce la farò, tutta la vita è una scommessa ma oggi mi va di giocare.. Attendo ancora devo cogliere il momento giusto ed accettare il rischio che il mio piano non vada a buon fine. Ecco.. ha finito col cestino precedente, ora prosegue spero per il prossimo. E' il mio turno, tocca a me recitare la mia parte.. faccio finta di avere delle cartacce in tasca, e ne ho per fortuna, di quei volatnini pubblicitari che ti lasciano ogni 10 metri per le strade della metropoli. Metto le mani in tasca con l'inetnzione di liberarmi del carico di foglietti e faccio "un fondo" nel successivo cestino dell'immondizia.. Ora ho già la scusa per avere le mani nel cestino, ed appogiarci dentro la banconota da 100 pesos è un gioco da ragazzi, risalta bene sullo sfondo bianco tra le cartacce. Mi allontano come se avessi da fare un'altra cosa, e spero che la scelta dei tempi sia stata quella giusta. Il viaggiatore sembra che prosegua il suo percorso diritto per la via, ho perso.. Ma all'ultimo momento lo vede anche lui: il cestino successivo.. Intanto io comincio ad allontanarmi, ma nel farlo faccio finta di guardare un po' le vetrine e questo mi permette di vederlo con la coda dell'occhio. Le sue mani sono divenute più rapide subito e più lente dopo.. non le toglie dal cestino, per non far vedere quel che ha trovato. Si guarda attorno con sospetto misto a incredulità e stupore, io sto guardando ancora la vetrina di non so cosa e faccio di tutto per non ricambiare il suo sguardo quando passa su di me. Ho solo pochi secondi per gustarmi il frizzare di emozioni che gli staranno passando nel cervello in questi istanti, ma non voglio assolutamente che mi colleghi a quel fatto. Un uomo di quella dignità deve avere solo ricompense che vengono dall'alto, non certo da un nessuno ben vestito come potrei essere io. Proseguo la mia strada piano e poco dopo riprendo il mio solito passo spedito, devo fare ancora molta strada oggi e altre 6 ore di allenamento. Oggi non è stata sprecata, oggi sarà per sempre il giorno della vertina che non ho visto, del mio cuore che ha prevalso sulla mia mente, e per lui oggi sarà per sempre il giorno dei 100 pesos mandati da Dio perchè in fondo sapeva di essere in debito con la sua dignità. La vita certi giorni è proprio divertente. [...continua...]
White Clay
lunedì 13 settembre 2010
Nel dojo [3^parte]
La doccia spesso è la parte migliore dell’allenamento, o almeno quella che dà maggiore soddisfazione specialmente in quelle giornate in cui si finisce spesso con il culo per terra. In Giappone per quanto mi sforzi di essere veloce nel fare la doccia sono sempre l’ultimo, i giapponesi hanno uno strano rapporto con il bagno, sono estremamente puliti, ma se da un lato amano stare immersi in una vasca di acqua bollente per ore dall’altro sembrano detestare la doccia, la vivono come un obbligo più che un piacere. Anche questa volta sono l’ultimo ad uscire dagli spogliatoi, qualcuno se ne è già andato, così lascio le chiavi dell’armadietto all’ingresso e recupero le scarpe e anche in questo, neanche a dirlo, i giapponesi hanno una tecnica speciale, se le infilano in tempi record, io invece arranco e saltello con il tallone ancora fuori.
Alla fine riesco ad uscire dalla palestra, molti sono già sulla via di casa, ma Kenshin mi sta aspettando, decidiamo di andare in una spaghetteria specializzata in Ramen. Il ramen è stato importato dalla Cina molto tempo fa ed è diventato tra i piatti più popolari in Giappone e uno dei miei preferiti. Per i giapponesi la preparazione del ramen è diventata un’arte (come in molti altri casi) e dentro una fondina di spaghetti non c’è solo pasta ma una filosofia. Il locale è piccolo, con pareti in legno scuro, c’è un bancone al centro con pentoloni fumati appena visibili, i clienti si siedono intorno, consumano la loro zuppa e se ne vanno. Noi ce la prendiamo comoda, ordiniamo doppia dose di spaghetti e iniziamo a chiacchierare spaziando dalla cottura della pasta alle arte marziali. Il caldo si sente ancora, ma davanti ad una tazza di the verde freddo è molto più sopportabile, parliamo e beviamo fino all’arrivo degli spaghetti. Kenshin mi fa notare che dentro la fondina c’è una sintesi del Giappone, il mare rappresentato dal pesce e dalle alghe, il cielo dalla carne di pollo e uova, le montagne con funghi e carne di maiale, il tutto armonizzato con il brodo e gli spaghetti, il pasto non va solo mangiato, ma anche osservato e quindi anche la vista deve avere il suo momento di godimento. E così tra uno spaghetto, un’alga e un pezzetto di carne Kenshin mi ha rifilato il “compito per casa” .
…Continua
Simone Mago
giovedì 9 settembre 2010
Il ballerino con gli occhi chiusi
White Clay
sabato 28 agosto 2010
Nel Dojo [2^parte]
Quando si inizia a sentire la fatica la si può localizzare in un punto preciso, un braccio, le spalle, oppure le gambe, conosco gli effetti e ormai li aspetto, dopo un po' smette di essere localizzata e diventa un malessere diffuso e il caldo umido accelera la transizione e ne amplifica gli effetti. La casacca è completamente bagnata, come se fosse stata immersa in una tinozza d' acqua, le gambe stanno perdendo di elasticità e il pensiero oscilla tra il dolore fisico e la concentrazione necessaria per la tecnica...sto iniziando a farmi male.
Dopo una breve pausa per bere inizia il lavoro a coppie, così inizio a guardarmi attorno in cerca di un compagno, incrocio lo sguardo di Kenshin ed è chiaro che mi stava cercando....oggi ci si fa male. Kenshin è uno degli assistenti più esperti, avrà circa una quarantina di anni e nonostante sia il più giovane tra gli assistenti è rispettato anche dagli anziani, ha un fisico robusto con braccia e mani forti, lo sguardo è sereno e fiero come quello di un samurai...o meglio di come io lo immagino. Dopo qualche decina di minuti di tecniche abbastanza complicate passiamo alle prese, afferro Kenshin per il bavero lui si libera e mette in leva il mio braccio, il dolore lo sento partire da polso e arrivare fino al gomito, ma riesco ancora a muovere la spalla così riesco a liberarmi chinandomi e passando sotto le sue braccia che mi stanno spremendo la mano...ce l'ho fatta l'ho fregato, ora è lui in leva, ancora qualche secondo e non avrà spazio di manovra, ma quasi all'ultimo istante si butta a terra assecondando la mia leva e io mi trovo proiettato in aria....sono messo male, sto per farmi male. Quando atterro il legno non mi sembra tanto bello come all'ingresso nel dojo, sono a terra, Kenshin si è rialzato e mi guarda sorridendo...mi ha fregato ancora, aspetto qualche secondo prima di muovermi in modo da far passare il dolore dalle ossa e dai muscoli, cadere da stanchi è il peggio non si ha nemmeno quel minimo di energia necessaria a rendere la caduta "rotonda", così all'impatto con il terreno ogni spigolo del corpo riceve la sua dose di dolore...oggi mi sono fatto male.
Dopo più di tre ore di fatica l'ultima caduta mi ha dato il colpo di grazia, ma almeno sono riuscito ad arrivare alla fine della lezione, trangugio l'ultimo sorso di acqua ormai a temperatura ambiente, sembra di bere del brodo, la finisco non per il piacere di dissetarmi ma per evitare di lasciarne un goccio nella bottiglia.
Non vedo l'ora di buttarmi sotto la doccia, forse l'acqua fresca mi aiuterà a capire come ho fatto a finire ancora una volta con il sedere per terra con Kenshin che mi guarda dall'alto sorridendo.
....Continua
Simone Mago
sabato 7 agosto 2010
Nel Dojo [1^parte]
....Continua
Simone Mago
venerdì 6 agosto 2010
La mano sul pavimento
giovedì 29 luglio 2010
Codardo - Parte 1
White Clay
mercoledì 30 giugno 2010
Lo Sguardo
Mi abbraccia con l'affetto con cui si abbraccia un figlio e mi bacia delicatamente su una guancia: "Ciao White, volevo scusarmi per l'altra sera.." - Merda è un sogno - Questo è il primo pensiero nitido che lampeggia nella mia mente all'istante.. Ma sono sudato, sento il fresco, i miei muscoli rispondono ai comandi con molta precisione, e posso sentire i suoi fianchi nell'abbraccio che ho ricambiato istintivamente. No è reale. Per fortuna continua: "Quando l'altra sera mi hai chiesto di ballare ed io ti ho detto che non ero capace, poi invece quel signore ha insistito così tanto che non sono riuscita a rifiutare.. scusami davvero..". La vicinanza del suo viso mi scuote ancora l'anima. Le sorrido, le rispondo, balliamo. Ancora una volta sono in debito, prima o poi credo che dovrò restituire quel che ho ricevuto.
White Clay
venerdì 25 giugno 2010
99%
Da un paio d'anni conscio di questo potente teorema, ogni volta che pianifico qualcosa, aspetto il mio 1% e quando arriva...perchè arriva sempre , sono preparato, o almeno mi sembra.
Simone Mago
lunedì 7 giugno 2010
Odiavo i Lunedì
Simone Mago