venerdì 9 maggio 2014

Un amore di peluche



Tondo, decisamente un volto rotondo. Ecco magari leggermente ovale verso il mento, sembra proprio un palloncino. Altre sporgenze non ce ne sono: gli occhietti, le orecchie piccole, il nasino di un centimetro appena e leggermente all'insù di certo non superano la linea circolare delle guance, tonde anch'esse. La forma degli occhi ben si adatta alla perfetta ovalità del capo, anch'essi hanno una forma a palloncino o meglio, a mandorla. Il suo nome è orientale come lei, giapponese per essere precisi. E' molto selettiva nello scegliere con chi ballare, e molto spesso l'ho sentita dire dei "No" con voce chiara a chi non aveva saputo raccogliere la chiara indicazione inviata dai suoi occhi orientali. Lavorava in banca, 12 ore al giorno, a Tokio naturalmente: poi un giorno ha deciso che quella vita era troppo stressante per lei, ed è venuta a vivere in Italia, da sola. Peserà dai 35 ai 40 chili, ma tutti di carattere e coraggio a quanto pare. Per le prime 3 volte che ci siamo visti, non abbiamo ballato tango assieme. E’ come se ci fossimo un po' studiati: la quarta volta, ho notato che mi guardava e l'ho invitata, e così abbiamo ballato il nostro primo tango. Partendo dal presupposto che ballo quattro o cinque sere a settimana da 5 anni almeno, il fatto che mi ricordi ancora bene di quel tango e di quelli poi successivi in effetti mi ha colpito. Ricordo di averne parlato anche con  un amico subito dopo a caldo, di quanto quell'esperienza mi avesse colpito nel profondo.

Ora proverò a cercare delle parole per descrivere quel che è successo, anche se non credo che in realtà ci riuscirò. 

Allora.. Lei è minuta come anticipavo, 1 metro e 65 circa con i tacchi: ma sa far sentire la sua presenza fisica, profumata e delicata. Accetto quindi l'incoraggiamento, mi avvicino al suo tavolo al quale mi ha invitato con lo sguardo, le dico “Ciao” e le propongo di entrare tra le mie braccia. Non lo so se vorrà abbracciarmi o tenermi a debita distanza. Per questo, non l'abbraccio "d'ufficio" e parto con dei passi di ballo: lascio che per alcuni secondi lei si accomodi nell'abbraccio che le propongo come desidererà o come vorrà farlo, cercando di rispettare i suoi tempi e i suoi modi.
Per fortuna si avvicina e mi abbraccia, anche se un po' intimorita dallo straniero di un altra etnia con una struttura corporea decisamente più robusta. Io sono contento che lei abbia accettato la mia accoglienza, e per farglielo capire l'avvolgo tra le braccia col rispetto, la delicatezza e la protezione che userei per tenere in mano un fiore, e come tale la respiro.

Vorrei provare ad avvolgermi in un tango con lei, e per fare questo utilizzerò tutti e cinque i miei sensi più l'anima, naturalmente. Così dopo pochi passi di studio e di conoscenza reciproca, comincio a chiederle, solo con l'anima naturalmente, come le piacerebbe essere guidata. Se preferirebbe ricevere dell’energia, del supporto, se le servono degli spazi per fare degli adornos, se vuole essere ascoltata, seguita o le piace che le si indichi una direzione con sicurezza. Da subito, intuisco che non gradisce 'ordini', marche nette e senza possibilità di interpretazione da parte sua. Piuttosto è meglio uno 'sbaglio' un incomprensione fatta assieme, dovuta al reciproco ascolto, che una marca buttata lì con arroganza. Intuisco anche che questo  avrebbe interrotto la comunicazione, forse per sempre. Poi, visto che non ha timore delle mie piccole pause, oso un po' di più: approfittando di qualche momento più dolce della musica, temporeggio qualche secondo in un abbraccio vero, più che in un passo, per vedere come reagisce a questa sensazione e per lasciare parlare lei in quegli istanti, dentro l'abbraccio. Ipotizzo le risposte che mi possono arrivare, del tipo: "Chi sei tu per abbracciarmi..? Scostati pure..", o "Dai, fammi fare dei passi che ho voglia di muovermi..", o "Ed adesso che figura mi sta chiedendo..? Cosa vuole che faccia questo..?", oppure "Oddio questo tango si sta facendo troppo personale, cosa vuole costui da me?!?".  Oppure: "Va, bene. Ascoltiamo quest' incanto d'un brano assieme. Daccordo anche un po' accoccolati", o "Vorrei che ci mangiassimo vivi a vicenda.." oppure  "Oh! Finalmente un attimo di tregua da tutta questa frenesia del correre..", o altre cose di questo genere.  

Ed invece, ma l’avevo solamente letto su un libro, riguardo alla sensibilità delle donne orientali verso i piccoli dettagli, mi trovo come davanti ad una delicatezza di ascolto infinita, di cui non riesco a intravedere i confini. Questo improvvisamente mi provoca una forte vertigine,  ed è quella che oggi ancora ricordo. Quando per esempio ci si trova su un aereo, con il paracadute sulle spalle, e ti viene detto di lanciarti, hai due scelte, puoi rifiutare o provare. E non c'è da stupirsi se qualcuno non se la sente! Fa paura il vuoto, l'incognito, ed anche tanto! Ma io che ho un'età troppo avanzata per rimandare il vivere ad un altro giorno, mi butto: in realtà forse non aspettavo altro. Non credo che morirò per una scarica di adrenalina, e forse magari mi renderà un po' più vivo.

E così ammorbidisco ancora di più l'abbraccio, le lascio ancora più spazi per esprimersi: le offro un luogo dove ballare, giocare ed essere se stessa, all'interno del cortile costruito dalle mie braccia che ora pare abbia deciso abitare. E così continuando a sfiorarmi sempre più delicatamente con il suo viso tondo, delicato e senza sporgenze, mi comunica tutto quello che ha da dirmi sul come le piacerebbe essere trattata, solo lisciandomi appena col capo come due gatti. Arriva ad accarezzarmi quasi solo con il sopracciglio, sfiorandomi vicino alla tempia, poi verso lo zigomo e quindi in direzione delle labbra, pur sempre mantenendo quel delicato contatto sia fisico che mentale, ma con la dolcezza di un peluche. E quando poco dopo faccio qualcosa di diverso, come una figura un po' più viva o una variazione di energia, sento che apre gli occhi e mi guarda da vicinissimo: ed anche se non la posso vedere perchè è troppo vicina, sento però il battere delle sue ciglia veloci e soffici  solleticarmi il viso come le ali di una  farfalla. Quasi a chiedermi: "E’ quello che volevi..?".

Mi viene tanto da sorridere da dentro, per tutta quella tenerezza,  delicatezza e ascolto. Stento a credere che stia accadendo davvero, e che lo stesso pensiero, fatto senza neppure scambiare una parola, sia lo stesso linguaggio che sta trasmettendo lei. Finito il tango, sorridiamo molto entrambi, ma comunicare a voce è quasi impossibile, sono pochi mesi che vive in Italia, ed il giapponese è molto diverso dal complicato italiano. Non importa, ci rivedremo e comunicheremo ancora.

White Clay