Tondo,
decisamente un volto rotondo. Ecco magari leggermente ovale verso il mento, sembra
proprio un palloncino. Altre sporgenze non ce ne sono: gli occhietti, le orecchie
piccole, il nasino di un centimetro appena e leggermente all'insù di certo non
superano la linea circolare delle guance, tonde anch'esse. La forma degli occhi
ben si adatta alla perfetta ovalità del capo, anch'essi hanno una forma a
palloncino o meglio, a mandorla. Il suo nome è orientale come lei, giapponese
per essere precisi. E' molto selettiva nello scegliere con chi ballare, e molto
spesso l'ho sentita dire dei "No" con voce chiara a chi non aveva
saputo raccogliere la chiara indicazione inviata dai suoi occhi orientali.
Lavorava in banca, 12 ore al giorno, a Tokio naturalmente: poi un giorno ha
deciso che quella vita era troppo stressante per lei, ed è venuta a vivere in
Italia, da sola. Peserà dai 35 ai 40 chili, ma tutti di carattere e coraggio a quanto
pare. Per le prime 3 volte che ci siamo visti, non abbiamo ballato tango
assieme. E’ come se ci fossimo un po' studiati: la quarta volta, ho notato che
mi guardava e l'ho invitata, e così abbiamo ballato il nostro primo tango.
Partendo dal presupposto che ballo quattro o cinque sere a settimana da 5 anni almeno, il
fatto che mi ricordi ancora bene di quel tango e di quelli poi successivi in
effetti mi ha colpito. Ricordo di averne parlato anche con un amico
subito dopo a caldo, di quanto quell'esperienza mi avesse colpito nel
profondo.
Ora proverò a cercare delle parole per
descrivere quel che è successo, anche se non credo che in realtà ci riuscirò.
Allora.. Lei è minuta come anticipavo, 1 metro e
65 circa con i tacchi: ma sa far sentire la sua presenza fisica, profumata e
delicata. Accetto quindi l'incoraggiamento, mi avvicino al suo tavolo al quale mi ha invitato
con lo sguardo, le dico “Ciao” e le propongo di entrare tra le mie braccia. Non
lo so se vorrà abbracciarmi o tenermi a debita distanza. Per questo, non l'abbraccio
"d'ufficio" e parto con dei passi di ballo: lascio che per alcuni secondi lei si
accomodi nell'abbraccio che le propongo come desidererà o come vorrà farlo,
cercando di rispettare i suoi tempi e i suoi modi.
Per fortuna si avvicina e mi abbraccia, anche se
un po' intimorita dallo straniero di un altra etnia con una struttura corporea
decisamente più robusta. Io sono contento che lei abbia accettato la mia
accoglienza, e per farglielo capire l'avvolgo tra le braccia col rispetto, la
delicatezza e la protezione che userei per tenere in mano un fiore, e come tale
la respiro.
Vorrei provare ad avvolgermi in un tango con lei, e
per fare questo utilizzerò tutti e cinque i miei sensi più l'anima, naturalmente.
Così dopo pochi passi di studio e di conoscenza reciproca, comincio a
chiederle, solo con l'anima naturalmente, come le piacerebbe essere guidata. Se
preferirebbe ricevere dell’energia, del supporto, se le servono degli spazi per
fare degli adornos, se vuole essere ascoltata, seguita o le piace che le si
indichi una direzione con sicurezza. Da subito, intuisco che non gradisce
'ordini', marche nette e senza possibilità di interpretazione da parte sua.
Piuttosto è meglio uno 'sbaglio' un incomprensione fatta assieme, dovuta al
reciproco ascolto, che una marca buttata lì con arroganza. Intuisco anche che
questo avrebbe interrotto la comunicazione, forse per sempre. Poi, visto
che non ha timore delle mie piccole pause, oso un po' di più: approfittando di
qualche momento più dolce della musica, temporeggio qualche secondo in un
abbraccio vero, più che in un passo, per vedere come reagisce a questa sensazione
e per lasciare parlare lei in quegli istanti, dentro l'abbraccio. Ipotizzo le risposte
che mi possono arrivare, del tipo: "Chi sei tu per abbracciarmi..? Scostati
pure..", o "Dai, fammi fare dei passi che ho voglia di
muovermi..", o "Ed adesso che figura mi sta chiedendo..? Cosa vuole
che faccia questo..?", oppure "Oddio questo tango si sta facendo troppo
personale, cosa vuole costui da me?!?". Oppure: "Va, bene. Ascoltiamo quest' incanto d'un brano assieme. Daccordo anche un po'
accoccolati", o "Vorrei che ci mangiassimo vivi a vicenda.." oppure
"Oh! Finalmente un attimo di tregua da tutta questa frenesia del correre..", o altre cose di questo genere.
Ed invece, ma l’avevo solamente letto su un
libro, riguardo alla sensibilità delle donne orientali verso i piccoli
dettagli, mi trovo come davanti ad una delicatezza di ascolto infinita, di cui
non riesco a intravedere i confini. Questo improvvisamente mi provoca una forte
vertigine, ed è quella che oggi ancora ricordo. Quando per esempio ci
si trova su un aereo, con il paracadute sulle spalle, e ti viene detto di lanciarti, hai due scelte, puoi rifiutare o provare. E non c'è da stupirsi se
qualcuno non se la sente! Fa paura il vuoto, l'incognito, ed anche tanto! Ma io
che ho un'età troppo avanzata per rimandare il vivere ad un altro giorno, mi
butto: in realtà forse non aspettavo altro. Non credo che morirò per una scarica di adrenalina, e forse magari mi renderà un po' più vivo.
E così ammorbidisco ancora di più l'abbraccio, le lascio
ancora più spazi per esprimersi: le offro un luogo dove ballare, giocare ed
essere se stessa, all'interno del cortile costruito dalle mie braccia che ora
pare abbia deciso abitare. E così continuando a sfiorarmi sempre più
delicatamente con il suo viso tondo, delicato e senza sporgenze, mi comunica
tutto quello che ha da dirmi sul come le piacerebbe essere trattata, solo
lisciandomi appena col capo come due gatti. Arriva ad accarezzarmi quasi solo
con il sopracciglio, sfiorandomi vicino alla tempia, poi verso lo zigomo e quindi in direzione delle labbra, pur
sempre mantenendo quel delicato contatto sia fisico che mentale, ma con la
dolcezza di un peluche. E quando poco dopo faccio qualcosa di diverso, come
una figura un po' più viva o una variazione di energia, sento che apre gli occhi e
mi guarda da vicinissimo: ed anche se non la posso vedere perchè è troppo vicina, sento però il battere delle sue ciglia veloci e soffici solleticarmi il viso come le ali di una farfalla. Quasi a chiedermi: "E’ quello che volevi..?".
Mi viene tanto da sorridere da dentro, per tutta
quella tenerezza, delicatezza e ascolto. Stento a credere che stia
accadendo davvero, e che lo stesso pensiero, fatto senza neppure scambiare una
parola, sia lo stesso linguaggio che sta trasmettendo lei. Finito il tango,
sorridiamo molto entrambi, ma comunicare a voce è quasi impossibile, sono pochi
mesi che vive in Italia, ed il giapponese è molto diverso dal complicato
italiano. Non importa, ci rivedremo e comunicheremo ancora.
White Clay