lunedì 13 febbraio 2017

Silicio o carbonio?

E' appena terminata una lezione al Cumbalaya, una scuola di ballo vicino alla stazione centrale di Bari. Un gruppetto di allievi stanno attorniando  il maestro per potersi accaparrare delle foto con lui. Nello specifico il maestro è Javier Rodriguez da molti, ma soprattutto da me, considerato il numero uno nel mondo del tango. Tutti gli sono attorno in circolo un po' imbarazzati e un po' intimoriti, e c'è il problema di chi fa le fotografie. Il problema è che sia i singoli che le coppie che i gruppi vogliono la loro foto assieme Javier e nessuno vuole starne fuori. Decido allora di mettermi a disposizione e che scatterò io le foto per tutti: ma io non farò la mia.

C'è qualcosa che mi ferma ma ancora non so bene di cosa si tratta. Forse è perchè non ho fatto 950 km per far vedere agli altri che io conosco Javier Rodriguez, non questa volta almeno. In realtà sono qui perchè ho voglia di vedere lui, ho voglia di abbracciarlo perchè ho scoperto di essergli affezionato come essere umano: se amo il tango il merito è suo.
Allora scatto le foto coi cellulari degli altri, chi vorrà avere il suo ricordo impresso nel silicio dei circuiti del cellulare o della sua videocamera lo avrà, io i miei ricordi li voglio nel mio cuore e nel mio cervello che è a base carbonio. Allora decido di vivere il momento per quello che è realmente: qualcosa che, se non lo fissi e l'assapori intanto che c'è poi svanisce per sempre.

Quest'anno al contrario del precedente, non ho paura di fare brutta figura di fronte a tanta celebrità, di fronte al mio idolo che ho guardato migliaia di volte su youtube,  a colui che ha saputo trasformare l'arte in leggerezza. Più che di paura forse si tratterebbe di imbarazzo, ma stavolta non ho neanche questo. Ormai vivo nel tango e dentro il tango da 6 anni: incontrarlo nell'ambiente del tango non mi crea problemi, ho una grandissima quantità di lavoro alle spalle e mi sono già scoraggiato e ripreso su quel piso (pavimento) non so quante volte. Ora nulla più mi spaventa quando indosso le mie scarpette da ballo.

E così ci incamminiamo verso la stanza dove avverrà la nostra seconda lezione privata, anche se in verità io sono lì per abbracciarlo, però lui questo ancora non lo sa.  Entriamo nella stanza c'e' un certo odore di stantio, ed istintivamente discosto appena la finestra. Noelia la richiude nel giro di pochi secondi perchè ha freddo anche se siamo in giugno: ok è una ragazza. Si è proprio così sono nella stessa stanza con Javier Rodriguez e Noelia Barsi, la coppia del momento nel mondo del tango, e ci siamo solo noi. Facciamo due veloci chiacchiere sul fatto che lui manca dal nord Italia da troppo tempo ed in particolare da Parma, ed i suoi occhi dopo pochi istanti si velano.  Ha molti ricordi in quella terra con il suo grande e passato amore, e mi dice che solo l'accento del mio parlare emiliano glie li fa ritornare alla mente. Ho già capito e d'altronde lo sospettavo, il suo cuore non è ancora guarito, e forse non guarirà mai del tutto.  Questa cosa mi da una pena infinita..  Lo guardo e penso dentro di me a chi ha trovato, o pensa di aver trovato, il vero amore: se poi gli viene negato per un qualunque motivo dalla vita, come può continuare a vivere lo stesso. Come si fa a vivere una vita così piena di vuoto?

Senza quasi parlare inizio a ballare con Noelia che è lì per farmi studiare, per cui cerca di mettermi in difficoltà: cerca di sottolineare le mie carenze ed i miei punti deboli, quanto meno nella marca del tango. Ci riesce benissimo, ho molti più punti deboli di quello che pensavo e direi che li sta trovando tutti. Sento di aver ballato proprio male, ne sono sicuro, ma almeno non è stato per ansia da prestazione o per imbarazzo, tutti gli  errori che ho fatto sono miei. Javier parla un po' in spagnolo con Noelia, lei gli comunica i problemi che derivano dalla mancanza di informazioni che non transitano nel mio abbraccio, dalla rigidità del mio braccio sinistro. Javier l'interrompe, ha deciso che oggi non gli interessano i dettagli tecnici.

Mi ha guardato ballare in milonga la sera prima, no so perchè l'abbia fatto, ed il suo dono si è attivato, proprio com'è successo di nuovo ora.  Che cos'è un dono? Di preciso non lo so neanch'io, da quel che ho sentito dire è un abilità particolare e unica, che in quella forma così acuta e ben determinata ha solo un particolare individuo. Può riguardare qualunque cosa: una particolare sensibilità nel cucinare un piatto, l'intuizione di un chirurgo che supera le prove ed i referti, il saper ricordare le note di una canzone dopo il primo ascolto. Ognuno ha il suo.
Javier, ormai l'ho capito, può guardare dentro l'anima di una persona come se avesse degli occhi extra nella mente, ed il più delle volte questo in verità non è affatto un dono. Supponete per un istante di avere una sensibilità infinita: di poter capire in un lampo intenzioni, sentimenti, pensieri nascosti o mal celati, secondi fini, ansie, cicatrici di una persona, e tutto in pochi istanti. E che questo dono si possa accendere così all'improvviso, che voi lo vogliate o meno. Ecco.. e poi immaginate di avere dovuto utilizzare questo dono per cercare di tenervi accanto "l'amore vero", per anticipare i suoi desideri, le sue richieste, il suo carattere dispotico, i suoi malumori. Ed ogni sera, dico, ogni sera, andare a letto col dubbio di non aver fatto abbastanza, perchè "l'amore vero" in realtà non voleva essere salvata, voleva semplicemente lasciarsi sedurre dal primo e più potente dei sette peccati capitali: la vanità. Ecco provate ora a vivere con l'idea di esservi fatti scappare l'unico amore vero perchè non siete stati abbastanza capaci ad usare il vostro dono, che solo a voi Dio ha dato in quella forma così perfetta ed acuta. E se ci siete riusciti provate ora a respirare ancora, se vi riesce.

Javier mi dice che non parleremo di tango in quella lezione, parleremo di me. Mi dice cose che neppure io sapevo, cose che riguardano il mio passato e il mio carattere. Cose che sarebbero imbarazzanti da dire perfino ad un amico che si conosce da anni, figuriamoci ad un estraneo. Ma lui rischia. Rischia che io  lo zittisca in malo modo e gli dica di farsi i fatti suoi e di insegnami solo qualche passo di tango. Rischia perchè ora che mi ha visto ballare attraverso il suo dono, mi conosce meglio di me, e sa che non sono lì per ferirlo, ma solo per essergli amico.

Gli chiedo se posso provare quel che mi ha spiegato con lui anzichè con Noelia: forse è una scusa perchè lo voglio abbracciare, e forse è per questo che sono venuto fin qui. Sono venuto qui per dirgli che quel che ha sofferto e vissuto tramite il suo lavoro, non è andato perso, che quell'insegnamento e quell'esempio, rimarranno per sempre con  noi. Ed anche se non c'è stato il lieto fine a me non importa, mi importa chi lui è diventato oggi, con tutte le cicatrici, le vittorie e ciò che ha appreso quando le cose non sono andate bene.  Cinque giorni di viaggi, spostamenti e lezioni per 3 secondi netti forse 4 di un abbraccio. Un ricordo impresso nel carbonio del mio DNA, e chissà magari forse anche un po' nel suo, credo ne sia valsa la pena.

White Clay