domenica 15 marzo 2020

Angeli


Pianeta Terra, Cuba: anno 2040.


Il vento tendeva continuamente le piume premendole a tratti contro le ali, la sensazione era piacevole. Il suo muso affusolato rendeva facile respirare il profumo del mare anche a quella velocità, certi giorni era veramente bello essere vivo. Il falco fece diversi giri intorno al confine dove l'acqua e la terra si congiungevano grazie ad una spiaggia rocciosa. Non avrebbe mai smesso, era come ipnotizzato da tanta bellezza.

Ma qualcosa aveva attirato lentamente la sua attenzione: dall'alto era solo un punto, come la quasi totalità delle piccole cose che vivevano appiccicate alla superficie della terra, ma questa aveva un'andatura curiosa.. lenta e costante, implacabile e serena allo stesso tempo. Decise di calare quota con dolcezza e la curiosità lo avvolse gradualmente: era in fondo convinto che nessuna creatura di quel pianeta così goffo e indaffarato gli avrebbe mai prestato più di tanta attenzione.  Il vento era più forte in discesa, e gli sembrò sicuro passargli a non più di pochi metri dalla testa: era proprio curioso di vedere che bestia era.

Hua mantenne il passo e sollevò un poco il capo, quasi avesse percepito che stava accadendo qualcosa di meraviglioso appena sopra di lui. Con un luccichio negli occhi osservò quello spettacolo stupendo, che visto da breve distanza sembrava infondere nello stesso tempo pace e sicurezza. Continuò a camminare.
Pensava di essere un uomo, camminava lungo la strada come se nulla fosse ed in testa aveva più di un pensiero. Beh’ qualcuno di questi gli diceva: “Adeguati rimani grigio, piatto piatto che nessuno ti veda, nel gregge. Ah!, e muori, questo è il tuo destino”. Un altro pensiero, ma questo era caldo come la vita, gli diceva: “Respira e aspetta, se non ti arrendi saprai a cosa è servito tutto ciò, non è sempre accaduto così?”.

Lo scricchiolio della ghiaia appuntita mista alla sabbia sotto la suola delle sue scarpe rendeva quasi inesistente lo strato di gomma che lo separava da quel terreno. L'andatura, la solita da molti anni, leggermente oscillante a causa dell'imponete massa di muscoli che teneva unito il solido scheletro, gli conferivano il classico procedere dell'atleta. Il petto era caldo per via dello sforzo fisico e dell'ottima circolazione che lo attraversava dalla testa ai piedi come il reflusso di un mare tropicale.

Nella mente, ecco luccicare all'improvviso una frase come scritta a caratteri d'oro, pronunciata anni addietro da Paul, suo unico punto di riferimento e fratello di genitori differenti in tutti questi anni di vita sotto le armi, appena due mesi prima che intraprendesse la via per la quale non si sarebbero più incontrati. Quella sera di tanti anni fa, e lo ricordava bene, erano entrambi così ubriachi da non distinguere più il confine tra il sogno e la realtà ed in un momento di estrema spensieratezza, ricordò come Paul gli si fosse avvicinato all'orecchio con una voce che non sembrava neppure appartenere a lui, gli disse quelle strane parole:“La tua forza non potrà salvarti dal soffio della vita”.

Quelle parole gli si impressero nel cuore come fossero state coniate nel fuoco, quasi fossero state la risposta ad una domanda che avrebbe potuto formulare solo molti anni dopo. Ora.

Ricordava che la serata era poi proseguita come se nulla fosse accaduto ed in seguito lui non aveva mai più chiesto spiegazione riguardo quell'esternazione: conoscendo inoltre la natura eterea di Paul in stato di ebbrezza di sicuro non avrebbe ottenuto nessuna risposta conveniente.

Inoltre c'era un'altra cosa che proprio non riusciva a capire in quel frangente. Accadeva da un po' di tempo come se in un angolo del suo petto ci fosse una fonte di calore costante, un tepore gradevole che sembrava provenire dall'esterno tanto era tangibile: quella zona del suo petto era, come dire da un po’ di tempo ormai felice, quasi il respiro fosse una continua gratifica dopo anni di lunga costrizione.

Non più giovane, il suo viso attraversato da profonde rughe scavate dal duro addestramento fisico, conferivano alle sue espressioni un tono di calda autorevolezza, nel rivolgersi alle persone quasi un’eterna comprensione. Non ce l'avrebbe mai fatta, sentiva che lui non ce l'avrebbe mai fatta a trovare le parole per trasmettere ad altri quelle sensazioni. In fondo lui era sempre stato un uomo d'azione: la vita ed una carriera non indifferente trascorse nell'esercito Cubano, lo avevano segnato. O meglio, come a lui piaceva pensare, era stato lui a segnare l'esercito. Colonnello stimato più dai suoi sottoposti che dai suoi superiori, cui di tanto in tanto doveva rendere conto, era conosciuto come un uomo pratico, uno che i problemi li affrontava e li portava a buon fine.

Le parole però, quelle non gli venivano fuori dalla testa con la stessa facilità con cui le azioni e le passioni trovavano una via di sfogo ed un compimento. In vita sua agli occhi del mondo, non aveva mai concluso granché: era come se non avesse lasciato un'impronta sui libri di storia e quasi nessuno si fosse realmente accorto di lui. Eppure qualcosa in lui era felice, non riusciva neppure a trattenerlo quel sentimento, talmente era stupido.

"Da dove cominciare" - pensava. Un ricordo, uno in particolare, al vertice di una serie di altri simili era stato, perché negarlo, la chiave di volta del tutto. Era come un chiodo fisso ormai.

"Lasciare qualcosa di scritto delle memorie, una guida.. Posso aiutare. Si, posso ancora farlo un'altra volta.” - pensava tra se e se - “Ora, proprio ora mentre sto perdendo tempo a pensare c'è in qualche parte di questo stupido pianeta, un’altro essere vivente che non capisce, che si è perduto ed è al buio come lo ero io da giovane. Ma perdiana se è nel giusto!!”. Aveva come l'impressione che non gli uscissero le parole dalla mente.
“E' come una piscina troppo grande in cui nuotare, un corridoio troppo lungo da percorrere, un nemico troppo fortificato per poter essere affrontato da solo, un desiderio diventato dolore, una paura diventata roccia. Tutto rischia di essere perduto.."

Mentre era assorto in tali pensieri continuava a camminare; adorava farlo ed in quel tratto ai piedi della Sierra Maestra poi le idee era come se prendessero spontaneamente una vita propria.
Il crinale della collina appena tondeggiante e verde era illuminato da un’atmosfera carica di autunno e di luce al tramonto, sulla pelle solo il profumo dell'aria di mare ed il vento tiepido e a tratti. La città alle sue spalle si allontanava impercettibilmente, sospinta passo dopo passo fremendo sotto forma di piccoli sassi, in apparenza immobile ma in continuo distacco; sul viso quel profumo di erba salmastro e all'imbrunire, il tepore fievole del sole sul corpo e sulle vesti che pacatamente re irradiavano il calore assorbito. Il colore: quel debole riflesso color pastello, gli dava stranamente l'impressione di camminare in un film e la cosa, in fondo in fondo lo divertiva un poco.

"Non mi abituerò mai a tutto questo."  pensava  "Il profumo, sì il profumo, più di tutto: quando il vento sembra aver accarezzato mille vite di questa parte del miracolo della natura, e di ciascuna aver raccolto un atomo, una molecola, una voce: sul mio viso vengono ora ad accarezzare anche me con la stessa delicatezza con cui pochi istanti fa hanno accarezzato il mare e l'erba".
Ritornò con la mente ai fatti, a quei ricordi che avevano fatto la differenza tra vivere e cercare di sopravvivere: il primo di quella serie di avvenimenti se lo ricordava molto bene, come avrebbe potuto dimenticarlo.

“Avete mai visto un angelo?”  pensava “Voglio dire, è una cosa che capita solo a pochi prescelti oppure a tutti nella vita è capitato almeno una volta, ma i più non ci hanno fatto caso?”.

Si, ne era convinto, a lui era capitato e più di una volta ad essere sincero. Quasi si vergognava della fortuna enorme che gli era stata concessa e non riusciva neppure a capacitarsi del come mai proprio a lui fosse stata mostrata tanta bellezza. Certo di battaglie ne aveva affrontate in vita sua, magari non sotto gli occhi della folla ma lo aveva fatto, e di persone ne aveva aiutate e tante, forse più di quelle che riusciva a ricordare.
Il primo ricordo, infatti era ormai riaffiorato nella sua mente ed aspettava solo di ricongiungersi con gli altri:

“Non è possibile, me lo ricordo ancora come se fosse accaduto pochi istanti fa. Non so quanti anni siano passati, non ha nessuna importanza. Posso rivivere quell'istante incredibile quando voglio: è sempre stato così, ogni volta mi ha sempre rapito la mente” - il suo spirito si trovava già in un altro luogo.

“Strano, ricordo solo pochi momenti, quasi che la scena iniziasse e finisse in pochi istanti, come se non ci fosse stato un momento in cui mi sono recato in quel luogo e una strada per cui me ne sono poi allontanato. Tutto addirittura in pochi secondi al massimo, non più di una decina”. Di colpo il suo animo collassò al ricordo dello stato d'animo di costrizione e angoscia che erano stati protagonisti della mattina precedente a quell'avvenimento.

Era stata una giornata dura, questo se lo ricordava bene: in mattinata aveva affrontato e cercato di convincere da solo l'intero Consiglio Militare Superiore affinché non effettuasse quel particolare tipo di esperimenti sullo Scudo Spaziale nella ionosfera. L'esito definitivo della decisione sarebbe stato emesso solo il giorno dopo, pertanto per il momento non gli restava che recarsi nella bottega all'angolo per acquistare il necessario a preparare una cena che lo potesse ricompensare, almeno in parte, dei mesi di duro lavoro necessari a raccogliere prove ed argomentazioni.

Mentre girava per gli scaffali stracolmi di ogni varietà di scatole e profumi, il suo cuore era nonostante tutto, carico di oppressione e pesantezza: era convinto di non essere riuscito a fare abbastanza e che avrebbe potuto combattere più tenacemente per risultare più convincente.

Aveva acquistato diversi generi per la cena, che grazie alla sua famosa arte nella cura dei dettagli e la sua abilità in cucina sarebbe riuscita speciale; ma quel senso di pesantezza sapeva a livello inconscio, che non poteva essere sconfitto, magari mitigato, coperto ma mai eliminato. Era giunto alla cassa ormai, la sua mente completamente assorta.

Alla signora anziana che lo precedeva, ricordò, cadde dallo stracolmo carrello un colorato pacchetto di dolci probabilmente destinati alla nipotina. Con un gesto involontario ed automatico si chinò e li raccolse e con un sorriso altrettanto spontaneo li porse gentilmente alla signora:

"Scusi Signora, credo che le siano cadute queste". Portava ancora indosso la divisa, e quando la probabile nonna si girò, gli sorrise compiaciuta ed accolse il pacchetto con un affabile:

"Grazie Capitano, lei è molto gentile".
Stava per accadere tutto in quell'istante: il primo segnale.

Con la coda dell'occhio non aveva ancora messo a fuoco, ma percepiva che qualcuno lo stava osservando. Rivolse lo sguardo nella direzione dell'osservatore, e questo gesto gli sembrò durare tutta una vita: l'udito fu il primo ad essere coinvolto. Non aveva ancora terminato di girare il capo che gli sembrò come se tutti suoni attorno a lui si fossero improvvisamente ovattati, quasi coperti da un feltro. Il vuoto all'improvviso nella mente e nel nulla un suono improvvisamente proruppe stagliato, distinto e gradevole come la voce un bambino che sia felice di rivederti dopo tanti anni di assenza:

Ciao.

Grazie.


Fu tutto ciò che udì all'improvviso in un supermercato affollato in cui ormai non si sentiva più alcun rumore. Non prese una decisione, né qualche cosa lo stava spaventando, ma la sensazione di pace e di calore che provò in tutto il corpo e nella mente fu a dir poco avvolgente. In quell'istante che gli sembrò infinito terminò di reclinare il capo nella direzione da cui il suono sembrava provenire e ciò che vide sembrò il naturale completamento di quella visione. Il sorriso di un Angelo. Semplice, naturale, spontaneo, caldo ed immobilizzante nello stesso tempo.

"Si, quel sorriso non poteva che appartenere ad un Angelo" - pensò - “Il corpo temporaneamente era quello di un bambino appollaiato, con le gambine a penzoloni dal carrello della spesa parcheggiato li poco distante.” L'Angelo lo stava guardando con occhi lucidi e riconoscenti, e con un semplice sorriso, con il solo tocco dello sguardo o forse con la sola presenza, aveva cancellato in un lampo di calore, tutto il dolore, l'insoddisfazione, il peso e le angosce che gli stavano opprimendo la mente ed il petto ormai da infinito tempo.

Nulla fu più come prima, i suoni, si quelli piano piano ritornarono al loro timbro abituale, come anche il resto dei suoi sensi del resto, un po' alla volta. Ma una parte del calore che gli era rimasto nel cuore non sarebbe mai più andato via; senza alcun motivo, senza una ragione era come se avesse ricevuto la più grande gratifica che un essere umano possa ricevere in un'intera esistenza: era immotivatamente, irragionevolmente, inaccettabilmente felice.

 Quello, lo ricordava bene, fu il primo nodo di una catena invisibile di ricordi ed esperienze che lo aiutarono, nel corso di tutta una vita, ora a tessere la fitta maglia di coincidenze che lo avevano indotto a formulare la sua personale teoria. Ne seguirono in seguito diversi di ricordi simili di lì in avanti, senza mai sapere se in realtà fossero accaduti anche prima, ma solamente da un certo punto in poi la sua mente ed il suo cuore erano stati in grado di percepirli.

Uno però, uno più di tutti, ricordava, era stato indescrivibile per concretezza, intensità e conseguenze al di là di ogni prova tangibile.

Hua una volta era stato avvolto tra le braccia di un angelo, su questo ormai non aveva più alcun dubbio.

Sentì i nervi alla base del collo sciogliersi e rilassarsi al solo ricordo, ed un sorriso non poté che esplodergli in ogni angolo del rugoso volto. La città ormai era quasi immobile, tanta era la distanza che ormai li separava e Hua McLauren, irlandese di origini e credente perché così aveva scelto, in vita sua non solo aveva avuto la fortuna di vedere, ma aveva persino avuto  l'occasione di toccare con mano un'anima che non apparteneva ne sottostava alle leggi del tempo. Non uno spirito, quelli non li aveva visti mai dal vero, ne toccati con mano, ma di sicuro in quel corpo, quella sera di parecchi anni fa non albergava temporaneamente la semplice anima di essere umano: di questo ne era certo come era certo di esistere in quel momento sul quel luminoso crinale.

Di quel giorno di tanti anni fa portava ancora forte il ricordo del ragionamento che era riuscito ad inserire, come una breccia, un cuneo, un dubbio nell'animo troppo ermetico Capo di Stato Maggiore, con il quale era stato a colloquio soltanto poche ore prima. Ricordò di come fosse riuscito, senza darlo a vedere, senza che nessuno glie ne potesse mai rendere merito in seguito o solamente venirlo a sapere, ad instillare un'incertezza, affiliata come una lama e penetrante come un colorante in quella mente spietata che sembrava invulnerabile. Era riuscito ad inceppare, come può fare un piccolo pezzetto di cuoio inserito al momento giusto tra due ingranaggi, quel complesso meccanismo di superiorità ed onnipotenza che stava pervadendo la mente di quel politico come una malattia. Quasi nessuno lo percepì nell’immediato, ma le sue decisioni da quel memento in poi si erano rivelate come indebolite, minate alle fondamenta, dalla possibilità che un riflesso delle sue tremende disposizioni si potesse abbattere su quella parte di umanità che tanto aveva ignorato e incoscientemente ferito in passato. Sentiva in bocca ancora il gusto di quel tipo di potere e di nuovo il fuoco scorrergli nelle vene.

Verso notte inoltrata, ricordava poi che, stremato dalla tensione accumulata durante quell’impossibile giorno di sottile e spietata guerra diplomatica, si era recato in un locale notturno per una festa con alcuni amici. Non poté fare a meno di ripensare alla stanchezza che gli percorreva il corpo e la mente ad ondate, ed il suo spirito affranto rimanere ancora incredulo ed incerto se ciò che aveva fatto nel pomeriggio, fosse stato anche solo in parte sufficiente ad evitare quelle sanguinose rappresaglie.

Tutto avvenne nel frastuono di una festa privata ed affollata, sotto gli occhi di centinaia di persone spettatrici di uno spettacolo che non sapevano vedere, di una musica che non sapevano sentire, di un sapore che non potevano gustare e che di conseguenza non si accorsero di nulla.

“Ci eravamo già visti, ed ogni volta mi era stato difficoltoso sostenere quello sguardo per la paura di esserne rapito definitivamente. Mi si avvicinò, non so quando non so come, ed iniziammo a ballare. La conoscevo, ma in quell'occasione non ci dicemmo neppure una parola, o almeno così mi sembra di ricordare” - un brivido gli attraversò la linea della colonna vertebrale solo per essersi riportato colla mente a quegli attimi - “Percepivo il calore dei suoi delicati lineamenti, ma la stanchezza, i fumi dell'alcool e del tabacco rendevano l'atmosfera troppo  indefinita e irreale. L'angoscia, quella, però, la posso ancora ricordare bene, non riuscivo a non pensare se quello che avevo fatto soltanto qualche ora prima era stato davvero sufficiente ad evitare l'intervento dell'esercito in quel piccolo paese e se il mio tarlo era riuscito a lavorare così in profondità nella mente del Capo di Stato. Quante persone devono ancora morire prima che io riesca a fare qualcosa?” - “Questo, ricordo, fu l'ultimo pensiero che mi balenò nella mente prima che lei mi accarezzasse delicatamente la nuca involontariamente e senza dire una parola appena alla base del collo.” - Un forte capogiro lo avvolse semplicemente per essere risalito col pensiero a quella sensazione, era come se tutte le cellule di cui era composto ne avessero conservato un microscopico pezzetto, un frammento di energia e tutte d'accordo si fossero messe ora d’accordo  per esplodere e farlo riaccendere in un istante. Cercò di opporsi, ma fu inutile.

 "Gli impulsi nervosi, beh' quelli si bloccano.” - pensava - “La complicata rete di schemi e fili che regolano i nostri pensieri e la nostra esistenza, cessano. Per il cuore, come dire, non è più un obbligo battere, il calore che da solo si propaga dal petto è già sufficiente di per se a portare nutrimento ed ossigeno a tutto il corpo: le orecchie continuano a sentire, ma lo spazio attorno è cambiato, i suoni è come se abbiano cambiato il loro timbro.  Gli occhi vedono come davanti ad un quadro così grande e bello da far sì che rimangano immobili e fissi, quasi non fossero più lo strumento sufficiente ad ammirare un così grande splendore. E poi il corpo.. ”- ricordava- “Portato via, sollevato dal peso della gravità, leggero come se quello stesso calore che sentiva nel petto fosse da solo sufficiente a sostenere tutti i suoi muscoli e le sue membra ormai senza più alcun peso". Ma ciò che provò dentro fu la vera differenza. Era come se fosse diventato tutto chiaro, come se non ci fossero state più domande. Ora sapeva perché aveva affrontato tutte quelle battaglie: aver combattuto interiormente per non utilizzare il suo potere di devastazione, la sua grande potenza: il potere di dare la morte con le sole sue mani, con la pressione su un grilletto, con un semplice ordine o con un gesto del capo.

La sensazione era come quella di trovarsi davanti ad un superiore di cui, da tanti anni si nutra infinita stima, e di fronte al quale nessuna arma aveva più ragione di essere usata, nessuna strategia doveva esser più adottata, solo ammirazione, pace e gratitudine. Le loro labbra si sfiorarono, ed in quel memento qualcosa di molto simile ad un soffio d'aria calda si insinuò nel cuore di Hua e non ve ne usci mai  più. Ora capiva le parole di Paul.

“Gli Angeli” - Pensava - “Quanti ne ho visti di angeli? Incompresi, artisti, confusi, depressi la cui tristezza catalizza quella di migliaia di altre persone; angeli combattenti, soldati, infermieri, angeli appollaiati ad ali spiegate o appena dischiuse, angeli vittime, angeli sconfitti, angeli mischiati assieme agli sconfitti fuori e dentro i campi di battaglia, ma sempre, tutti e comunque angeli negli occhi.”

 “Si, è andata così un Angelo in persona è venuto a ringraziarmi, non ce l'avrei fatta a salvarmi in mezzo a tutte quelle passioni e a quella violenza. Sarei arrivato farmi trascinare dall'impeto della mia forza e del mio potere fino a diventarne io stesso schiavo e vittima, se non avessi ricevuto quel soffio di calore”.

Continuava a pensarci e a tessere tutti i fili ed i ricordi, non aveva più dubbi:

“Ogni volta, si ogni volta. Ora che ci penso, non c’è stata neppure una volta in cui non è successo” Quasi gli mancava il respiro per l'emozione.

 “Tutte le volte che ho fatto la differenza tra una tragedia e la speranza, tra la violenza e la ragione, è venuto qualcuno ad ringraziarmi, tutte le volte: qualcuno che non poteva farsi vedere in pubblico, ma che era venuto a parlare con me, a portarmi un sorriso, un messaggio” - Sentì le gambe cedergli e dovette rallentare il passo per non rischiare di cadere - “Tutta la rabbia, la potenza del mio corpo, l'intelligenza non sono state utilizzate per distruggere, ma sono servite per difendere: erano responsabilità troppo grandi per un solo essere. Ed i messaggeri, solo io li potevo vedere. Mio Dio! Come ho fatto a non accorgermene prima!”

White Clay