mercoledì 20 ottobre 2010

Buenos Aires senza meta - Persone [Parte 2]

Questa volta sono riuscito ad arrivare con dieci minuti di anticipo, e mi posso godere il museo. Nella Galleria Pacifica, una specie di elegantissimo centro commerciale che si trova tra l'avenida Florida e la Cordoba di Buenos Aires, al secondo piano c'e' una sorpresa. Dal caos di persone della strada si passa al caos di persone e luci della galleria, ma al secondo piano, e me l'ha detto il portiere dell'albergo, c'e' un centro culturale chiamato Borges. Entrando qui si trova un grande spazio vuoto e popolato solo da una libreria e qualche quadro, la gente qui non va in massa, c'e' troppo silenzio. Io mi insinuo. Sto cercando tutti i posti dove mi possano insegnare del tango. In fondo a questo stanzone c'e' una specie di reception ed alle sue spalle solo una scala mobile. Nel mio straordinario spagnolo chiedo "Està una escuela del tango cerca de aquí?" ("C'e' una scuola di tango qui vicino?"). La ragazza capisce immediatamente che non sono del posto e mi indica l'unica direzione possibile, la scala mobile. Salgo e ci sono delle guardie anche qui; al piano di sopra l'atmosfera è differente.. non siamo più nel caos di Buenos Aires, c'e' silenzio, stanze giganti, luminose e ben isolate. Comincio a  girare per visitare un pò e dopo poco chiedo ad una guardia "Por la esquela del tango?", e lui mi indica l'ingresso di un museo. Entro, tanto non si paga, e mi inoltro nel silenzio e nella scoperta.. Trovo estremamente gradevole e civile l'ambientazione, e sperare che la scuola si trovi proprio al centro di un museo mi rende la cosa ancora più magica. Cammino, osservo.. a me i musei non sono mai piaciuti, li ritengo noiosi, però mi piace la calma che vi regna dentro.. Avvicinatomi all'uscita dalla prima sala, eccola: la musica!! Ho già capito ormai da più di un anno, che ovunque io senta questa musica, la musica del tango, uguale in Italia come in Argentina o nel resto del mondo, io sono arrivato a casa: so quel che devo fare, non devo piu' preoccuparmi di girare e mi sento sempre e comunque al sicuro. Quindi oggi che conoscevo la strada sono arrivato un po' prima per godermi 10 minuti di stupendo far niente in un museo, pregustandomi il piacere delle lezioni che avrei preso da li a poco. Uno scrittore chiamato Gotthold Lessing diceva che l'attesa di un piacere è essa stessa un piacere, ed io c'ho fondato la mia vita su questo argomento :)

Le lezioni, 4 ore in tutto, passano più o meno veloci, le partners sono molto diverse, e di sicuro qualcuna di esse non continuerà il tango,ma era lì solo per curiosare: ma non mi importa la fatica, voglio lavorare sul mio corpo e fare esperienze il più possibile, quindi terminate queste mi godo un pezzo di torta al ciococlato con un bel the caldo speziato orientale al bar di sotto. Intanto mi preparo a raccolgliere le energie per le altre due ore di allenamento che mi attendono nel barrio (quartiere) San Telmo. Ho tempo, quindi decido di non prendere il taxi e di andarci a piedi: questo in seguito si rivelerà un grossolano errore di valutazione. San Telmo di notte non è percorribile a piedi da un turista, ma di giorno si.

Ho calcolato male le distanze e mi trovo all'imbrunire, molto lontano ancora dalla scuola dove devo andare e dove sarò al sicuro. Nel passaggio dal giorno alla notte c'e' una zona intermedia,e  questo vale anche per le persone che popolano la calle (strada). Per un tempo anche troppo lungo per la mia mente, ma che nella realtà non sarà durato più di un ora, ho la sensazione di trovarmi all'inizio di un film dell'orrore, maledetta televisione!! I normali lavoratori vesiti decorosamente che circolano durante il giorno stanno cedendo il passo alle persone che ora andranno a frugare nella spazzatura ciò che i primi hanno abbandonato durante il giorno, per cercare qualcosa da mangiare o da riciclare. Singolarmente difficilemente sono aggressivi, ma dopo una certa ora quando si ritrovano in branco e bevono, allora è meglio non essere uno straniero che passa di li. Ho proprio sbagliato i tempi e le distanze, ed ora sta diventando buio.
Ci siamo. Quello che non volgio più di tutto è pensare attraverso la paura e attraverso i miei pregiudizi, e su questo sono disposto a quanto pare a giocarmici la vita. Guardandomi indietro nel passato mi accorgo che ho sempre rischiato la vita di tanto in tanto: non ho mai capito perchè lo faccio, forse per una fievole rivalsa verso la paura che in  tutto ci domina e ci chiude in un guscio dentro il quale dopo poco, mancano novità e ossigeno. Ecco col mio becco, ogni tanto, è come se cercassi di fare un foro in questo guscio, per respirare un po' dell'aria che c'e' veramente fuori dai miei pregiudizi e dai miei pensieri abituali: quindi continuo a camminare. Non sono uno sprovveduto, ed almeno metto su un passo da marines e tengo la muscolatura delle spalle sciolte e calde per qualunque evenienza: ma gli occhi e le orecchie sono il  mio vero contatto con la realtà fuori dal guscio,  di loro mi fido. Voglio credere di essere ancora in un mondo di persone, anche se affamate, e che riuscirò a capire in anticipo ed eventualemnte a gestire, indipendentemente dall'esito, qualunque situazione mi si presenti. So che essere qui a camminare contro la mia paura ed i miei pregiudizi è più importante di me, forse è lo scopo del viaggio, quindi proseguo. Qualcuno mi chiede qualcosa, ma i suoi occhi sanno di minaccia, rispondo no grazie e continuo il mio passo. Sto tenendo un livello di energia molto alto, e chiunque mi veda arrivare sa che dovrà affrontare un combattimento prima che io cada.Tengo la paura fuori da me e cammino.

Arriva un furgone bianco in contro mano, mi nota o cosi' mi sembra. Senza fermarsi, poco prima di incrociarmi rallenta praticamente a passo d'uomo e apre il portellone scorrevole,  dalla parte dove sono io. Da dentro emergono quattro uomini molto robusti che mi guardano. Istintivamente li guardo e guardo le loro mani,la loro forza è di molto maggiore ripetto alla mia, in caso di scontro diretto non avrei speranze ragionevoli. Ci guardiamo dritti negli occhi senza fermarci. Potrebbeero anche essere dei muratori che tornano dal lavoro, ma perchè hanno aperto il portellone proprio nella mia corrispondenza ed hanno rallentato. Sono pronto a lottare sia con la mente che con il corpo, ma spero di non doverlo fare oggi, sono troppo in svantaggio. Ho già corso dei rischi, però ora è come se sentissi  dentro che il mio giorno non è oggi, e questo mi rincuora quel tanto che basta. Poco prima che  mi oltrepassino distolgo lo sguardo dai loro, all'ultimo momento, per non cercare la sifda, ma mi sento disposto ad affrontare qualunque epilogo. Dal mio sguardo e dal mio portamento, spero che abbiano capito che venderò cara la pelle.  Proseguono, con il portellone aperto, in attimi che mi sembrano lunghissimi, dilatati: passano oltre. Non saprò mai se ho lottato solo con la mia paura o la sorte ha deciso che devo fare ancora qualcosa in questo mondo prima che venga il mio tempo. Allora continuo, non posso fare altro. Mancheranno ancora 15  minuti alla scuola, ho l'adrenalina a 1000 e sto consumando molte energie.  Non voglio aver fretta di arrivare, è un lusso che non voglio e non posso permettermi: se dovrò morire, lo farò qui ora e adesso, mentre sto inseguendo il mio sogno sulle mie gambe al pieno delle mie forze, oggi non accetto scorciatoie ne che la paura mi domini di nuovo, mi  ha già rovinato l'esistenza quanto basta.

Riconosco la strada, mancheranno 30 metri alla scuola, dentro sarò al sicuro, anche se ora ho piu' poche energie; ma non accellero, oramai ho vinto nella mia mente. Vedo esseri umani, non vedo zombie nelle persone che stanno popolando la strada ora per cercare qualcosa con cui sopravvivere. Vedo persone. Arrivo davanti alla porta della scuola, ma è chiusa. Suono il campanello e poi noto un cartello che dice che la lezione di oggi è annullata. Non mi arrabbio, forse è meglio così, ero troppo stanco per affrontare altre due ore di allenamento.  Ho letto su internet che a soli due isolati da qui c'e' un "festival", una sagra del barrio S.Telmo dove ballano tango, e so che durante i festival, anche i turisti possono circolare e sono al sicuro. Dato che sono venuto fino in Argentina, mi faccio anche questi due isolati, voglio vedere il tango della gente, quello vero per la strada. Di nuovo ho considerato male le distanze, o è la mia stanchezza  che le ingigantisce. Però ora sono su una via principale, e qui qualche taxi ogni tanto si vede, anche se passano molto veloci. Non mi sento perso, so dove sto andando, solo che è più lontano del previsto. Vedo gente accumulata in una via, deve essere qui vicino. Sì era qui, ma sta terminando, e stanno smontando le bancarelle e tutto è di nuovo troppo buio perchè io possa abbassare la guardia. Mi imbuco lo stesso, non posso mollare ora che ho fatto tanta strada, ma sento le forze andare in riserva; devo aver chiesto troppo al mio corpo e lo ringrazio per lo sforzo che ha fatto. Avanzo con scioltezza un poco contro il mio istinto di sopravvivenza, e anche qui vedo le persone che vivono per la strada, iniziare il loro turno. Cammino ancora, ma sento che non potro' resistere  molto più a lungo senza trovare una meta. Attraverso uno spigolo che si affaccia su una piazza e mi arrivano un paio di note.. non ci posso credere.. sono arrivato!! mi avvicino ancora di più oramai  in preda al sogno: è la musica del tango quella che sento, e loro stanno danzando: ora sono al sicuro.

Entro in un bar e chiedo un "Sumo de naranja natural" una spremuta d'arancia fresca e mi siedo. La cameriera mi dice che da li a poco sarebbe iniziato uno spettacolo di tango, su un palchetto improvvisato in fondo alla sala. Lo sapevo ho fatto tanta strada ed ora mi sento di nuovo a casa. Ci sono molte persone al bar tavola calda, tutti sono in compagnia e quasi tutti mangiano. Io sono troppo stanco per mangiare, però sento che avrei bisogno di compagnia anch'io. Provo a comunicare con  le due ragazze sedute al tavolo al mio fianco, una  è divertita dal mio goffo presentarmi, l'altra stassera non è uscita per fare conoscenze,e probabilemnte gradisce una serata tranquilla con la sua amica. Cosi' faccio due chiacchere con gli artisiti che si andranno ad esibire da li a poco sul palco,perchè in fondo loro fanno quel che vorrei far io da grande, vivere di tango. Le esibizioni sono gradevoli, anche se pare che io sia l'unico a seguirle con interesse, ed intanto sento le mie forze ritemprarsi. Saluto, faccio un paio di foto con gli artisti e mi ri dirigo verso il festival all'esterno. Le mie gambe mi chiedono di non domandare un ballo, per un paio d'ore almeno, ed oggi hanno proprio raigone loro. Sicchè mi fermo a guardare un po': il livello è popolare, c'e' qualcuno molto bravo ma  anche gente comune, potrei tranquillamente ballare anch'io se non avessi esaurito le scorte.
Un taxi. Non ci posso credere, un taxi qui. Lo fermo al volo mi accomodo sull'ampio e comodo sedile  posteriore di pelle,e sono convinto che me l'abbiano mandato dall'alto questo lussuoso taxi. Gli snocciolo nel mio spagnolo perfetto "Hotel Hillios, calle Laprida en el cruz con la Pena". Del viaggio di ritorno non ho memoria.. mi sembrava di stare in un sogno, e per ora basta emozioni. [continua..]

Whyte Clay

giovedì 14 ottobre 2010

Buenos Aires senza meta - La vetrina [Parte 1]

"Navaro" così dice la targhetta di bronzo del trolley che sto seguendo senza volere. Visto con una certa superficialità sembra un viaggiatore anonimo come tanti, con l'impermeabile marrone lungo poco sopora le caviglie, i capelli grigi e l'andatura decisa. Poco dopo senza un desiderio cosciente espando la vista e mi rendo conto che quel trolley è incredibilmente consunto. Ha le cerniere praticamente tutte divelte, è pieno di macchie dovute alla lunga vita e le rotelline sono cosi' ridotte da sembrare quasi più che torsoli di mela che ruotano veloci attorno ai loro sottili piccioli. Concentro lo sguardo sul viaggiatore: è alto, sarà un metro e ottanta, ma è piuttosto ingobbito. Ho l'impressione di trovarmi davanti ad un comune padre di famiglia che torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro impossibile, alla ricerca solo un po' di consolazione e di ristoro tra gli affetti e le abitudini della casa, anche se però ora è solo mattina. L'impermeabile è molto stropicciato e quelle  scarpe hanno fatto molti chilometri, troppi; realizzo, è un uomo che ora vive per la strada o meglio per una delle "calle" che intrecciano Buenos Aires.

L'impermeabile è pulito.. non riesco a capire come sia possibile, ma è riuscito a trovare il modo per lavarlo, certo non stirarlo, ma comunque non puzza ne è macchiato. Noto la dignità di un padre nel suo portamento, la forza degna di un uomo che prima deve pensare agli altri, alla sua famiglia prima che a se stesso.
Non mi ero sbagliato, si ferma a controllare un cestino della spazzatura lungo l'Avenida Corrientes: noi neppure immaginiamo quello che la gente ricca getta via di ancora utilizzabile o riparabile. Lo olrtepasso, e sento il freddo come una lama attraversarmi il petto.. Non posso fare a meno di pensare: "Non è giusto. Non sono migliore di lui, solo la sorte ci separa". Immagino che potrei essere io, con la sua stessa dignità, senza chiedere niente a nessuno, se solo avessi avuto in sorte la sua storia. Sogno di aiutarlo in qualunque modo, dargli dei soldi.. ma sento che la sua composta dignità non lo farebbe sentire a suo agio.. a modo suo, sta lavorando. Ha trovato qualcosa che ora sta mettendo nel trolley, probabilemte sa che forse  gli permetterà di guadagnarsi un pezzo di pane anche quel giorno, ed io non ho il coraggio di incrinare la sua dignità. Gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime, ma non importa sto camminando tra questo popolo latino e malinconico, che se anche scorgesse delle lacrime sul mio volto avrebbe al cortesia di distogliere lo sguardo e lasciarmi smaltire il mio pensiero, nella privacy del mio camminare: ci sono molti sguardi offuscati di questi tempi che girano per le strade di Buenos Aires.

Un minuscola idea improvvisa inizia come una piccola stella appuntita a emettere luce tra la mente e il cuore. E' molto piccola, ma forse si può fare.. Io dalla mia parte  ho un piccolo vantaggio: sono un pazzo, sono cosciente di esserlo e sono da solo. E questo mi da molta libertà di movimento.. Devo fare in modo che nessuno se ne accorga, e devo farlo nel tempo giusto, ne troppo presto ne troppo tardi. Mi fermo e non lo guardo direttamente. Solo con lo sguardo periferico, per sapere dov'e' e quando terminerà l'analisi degli oggetti del cestino precedente. Mi giro senza dare nell'occhio ed ora gli volto le spalle; dal portafoglio come se dovessi controllare qualcosa estraggo rapidamente 100 pesos: la pazzia quando la accetti è un potente alleato, ti rende rapido.. ripongo il portafoglio in tasca e tengo i 100 pesos arrotolati nel palmo della mano in modo che non siano visibili dall'esterno. Ora attendo, faccio finta di aspettare un auto o un taxi.
Non lo so se ce la farò, tutta la vita è una scommessa ma oggi mi va di giocare.. Attendo ancora devo cogliere il momento giusto ed accettare il rischio che il mio piano non vada a buon fine. Ecco.. ha finito col cestino precedente, ora prosegue spero per il prossimo. E' il mio turno, tocca a me recitare la mia parte.. faccio finta di avere delle cartacce in tasca, e ne ho per fortuna, di quei volatnini pubblicitari che ti lasciano ogni 10 metri per le strade della metropoli. Metto le mani in tasca con l'inetnzione di liberarmi del carico di foglietti e faccio "un fondo" nel successivo cestino dell'immondizia.. Ora ho già la scusa per avere le mani nel cestino, ed appogiarci dentro la banconota da 100 pesos è un gioco da ragazzi, risalta bene sullo sfondo bianco tra le cartacce. Mi allontano come se avessi da fare un'altra cosa, e spero che la scelta dei tempi sia stata quella giusta. Il viaggiatore sembra che prosegua il suo percorso diritto per la via, ho perso.. Ma all'ultimo momento lo vede anche lui: il cestino successivo.. Intanto io comincio ad allontanarmi, ma nel farlo faccio finta di guardare un po' le vetrine e questo mi permette di vederlo con la coda dell'occhio. Le sue mani sono divenute più rapide subito e più lente dopo.. non le toglie dal cestino, per non far vedere quel che ha trovato. Si guarda attorno con sospetto misto a incredulità e stupore, io sto guardando ancora la vetrina di non so cosa e faccio di tutto per non ricambiare il suo sguardo quando passa su di me. Ho solo pochi secondi per gustarmi il frizzare di emozioni che gli staranno passando nel cervello in questi istanti, ma non voglio assolutamente che mi colleghi a quel fatto. Un uomo di quella dignità deve avere solo ricompense che vengono dall'alto,  non certo da un nessuno ben vestito come potrei essere io. Proseguo la mia strada piano e poco dopo riprendo il mio solito passo spedito, devo fare ancora molta strada oggi e altre 6 ore di allenamento. Oggi non è stata sprecata, oggi sarà per sempre il giorno della vertina che non ho visto, del mio cuore che ha prevalso sulla mia mente, e per lui oggi sarà per sempre il giorno dei 100 pesos mandati da Dio perchè in fondo sapeva di essere in debito con la sua dignità. La vita certi giorni è proprio divertente. [...continua...] 


White Clay