giovedì 14 ottobre 2010

Buenos Aires senza meta - La vetrina [Parte 1]

"Navaro" così dice la targhetta di bronzo del trolley che sto seguendo senza volere. Visto con una certa superficialità sembra un viaggiatore anonimo come tanti, con l'impermeabile marrone lungo poco sopora le caviglie, i capelli grigi e l'andatura decisa. Poco dopo senza un desiderio cosciente espando la vista e mi rendo conto che quel trolley è incredibilmente consunto. Ha le cerniere praticamente tutte divelte, è pieno di macchie dovute alla lunga vita e le rotelline sono cosi' ridotte da sembrare quasi più che torsoli di mela che ruotano veloci attorno ai loro sottili piccioli. Concentro lo sguardo sul viaggiatore: è alto, sarà un metro e ottanta, ma è piuttosto ingobbito. Ho l'impressione di trovarmi davanti ad un comune padre di famiglia che torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro impossibile, alla ricerca solo un po' di consolazione e di ristoro tra gli affetti e le abitudini della casa, anche se però ora è solo mattina. L'impermeabile è molto stropicciato e quelle  scarpe hanno fatto molti chilometri, troppi; realizzo, è un uomo che ora vive per la strada o meglio per una delle "calle" che intrecciano Buenos Aires.

L'impermeabile è pulito.. non riesco a capire come sia possibile, ma è riuscito a trovare il modo per lavarlo, certo non stirarlo, ma comunque non puzza ne è macchiato. Noto la dignità di un padre nel suo portamento, la forza degna di un uomo che prima deve pensare agli altri, alla sua famiglia prima che a se stesso.
Non mi ero sbagliato, si ferma a controllare un cestino della spazzatura lungo l'Avenida Corrientes: noi neppure immaginiamo quello che la gente ricca getta via di ancora utilizzabile o riparabile. Lo olrtepasso, e sento il freddo come una lama attraversarmi il petto.. Non posso fare a meno di pensare: "Non è giusto. Non sono migliore di lui, solo la sorte ci separa". Immagino che potrei essere io, con la sua stessa dignità, senza chiedere niente a nessuno, se solo avessi avuto in sorte la sua storia. Sogno di aiutarlo in qualunque modo, dargli dei soldi.. ma sento che la sua composta dignità non lo farebbe sentire a suo agio.. a modo suo, sta lavorando. Ha trovato qualcosa che ora sta mettendo nel trolley, probabilemte sa che forse  gli permetterà di guadagnarsi un pezzo di pane anche quel giorno, ed io non ho il coraggio di incrinare la sua dignità. Gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime, ma non importa sto camminando tra questo popolo latino e malinconico, che se anche scorgesse delle lacrime sul mio volto avrebbe al cortesia di distogliere lo sguardo e lasciarmi smaltire il mio pensiero, nella privacy del mio camminare: ci sono molti sguardi offuscati di questi tempi che girano per le strade di Buenos Aires.

Un minuscola idea improvvisa inizia come una piccola stella appuntita a emettere luce tra la mente e il cuore. E' molto piccola, ma forse si può fare.. Io dalla mia parte  ho un piccolo vantaggio: sono un pazzo, sono cosciente di esserlo e sono da solo. E questo mi da molta libertà di movimento.. Devo fare in modo che nessuno se ne accorga, e devo farlo nel tempo giusto, ne troppo presto ne troppo tardi. Mi fermo e non lo guardo direttamente. Solo con lo sguardo periferico, per sapere dov'e' e quando terminerà l'analisi degli oggetti del cestino precedente. Mi giro senza dare nell'occhio ed ora gli volto le spalle; dal portafoglio come se dovessi controllare qualcosa estraggo rapidamente 100 pesos: la pazzia quando la accetti è un potente alleato, ti rende rapido.. ripongo il portafoglio in tasca e tengo i 100 pesos arrotolati nel palmo della mano in modo che non siano visibili dall'esterno. Ora attendo, faccio finta di aspettare un auto o un taxi.
Non lo so se ce la farò, tutta la vita è una scommessa ma oggi mi va di giocare.. Attendo ancora devo cogliere il momento giusto ed accettare il rischio che il mio piano non vada a buon fine. Ecco.. ha finito col cestino precedente, ora prosegue spero per il prossimo. E' il mio turno, tocca a me recitare la mia parte.. faccio finta di avere delle cartacce in tasca, e ne ho per fortuna, di quei volatnini pubblicitari che ti lasciano ogni 10 metri per le strade della metropoli. Metto le mani in tasca con l'inetnzione di liberarmi del carico di foglietti e faccio "un fondo" nel successivo cestino dell'immondizia.. Ora ho già la scusa per avere le mani nel cestino, ed appogiarci dentro la banconota da 100 pesos è un gioco da ragazzi, risalta bene sullo sfondo bianco tra le cartacce. Mi allontano come se avessi da fare un'altra cosa, e spero che la scelta dei tempi sia stata quella giusta. Il viaggiatore sembra che prosegua il suo percorso diritto per la via, ho perso.. Ma all'ultimo momento lo vede anche lui: il cestino successivo.. Intanto io comincio ad allontanarmi, ma nel farlo faccio finta di guardare un po' le vetrine e questo mi permette di vederlo con la coda dell'occhio. Le sue mani sono divenute più rapide subito e più lente dopo.. non le toglie dal cestino, per non far vedere quel che ha trovato. Si guarda attorno con sospetto misto a incredulità e stupore, io sto guardando ancora la vetrina di non so cosa e faccio di tutto per non ricambiare il suo sguardo quando passa su di me. Ho solo pochi secondi per gustarmi il frizzare di emozioni che gli staranno passando nel cervello in questi istanti, ma non voglio assolutamente che mi colleghi a quel fatto. Un uomo di quella dignità deve avere solo ricompense che vengono dall'alto,  non certo da un nessuno ben vestito come potrei essere io. Proseguo la mia strada piano e poco dopo riprendo il mio solito passo spedito, devo fare ancora molta strada oggi e altre 6 ore di allenamento. Oggi non è stata sprecata, oggi sarà per sempre il giorno della vertina che non ho visto, del mio cuore che ha prevalso sulla mia mente, e per lui oggi sarà per sempre il giorno dei 100 pesos mandati da Dio perchè in fondo sapeva di essere in debito con la sua dignità. La vita certi giorni è proprio divertente. [...continua...] 


White Clay

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