lunedì 7 febbraio 2011

Il ponte

Sento la pressione della sua fronte appena sopra il mio zigomo e so che le cose non vanno bene. Non so mai in che maniera mente, corpo e destino si siano intrecciati e a qual punto io li riuscirò poi a districare. Ho chiesto a lei se aveva voglia di ballare, e se potevo utilizzare la sua di voglia perchè io di mia non ne avevo molta. Sono riuscito a farla sorridere e mi ha detto di si. La musica è stupenda è la Milonga Brava di Francisco Canaro, ma per ballare la milonga bisognerebbe essere felici, ed io ora per rispetto a lei trovo il coraggio di esserlo di nuovo. La parte alta del mio busto inizia a muoversi guidata dalla musica e dalla gioia dei nostri corpi, che anche se ora è un pò impolverata dagli eventi sento che è ancora viva.
La mia preoccupazione più grossa sta nell'accanimento che anch'io conosco bene: l'accanimento verso un passato infelice, che ci ostiniamo a mantenere in vita perchè anche se ci fa male lo preferiamo all'incognito del nuovo, dell'inesplorato.. qualcuno da piccoli ci deve avere inculcato che tentare di salvarci è sbagliato, anche il solo provarci. Che cercare di cambiare la nostra situazione per quanto ci sembri orribile, è da evitare: non bisogna neanche provarci. E ci hanno insegnato La Paura, la tremenda Paura di ciò che c'e' la fuori, che bene non si sa cosa sia, ma che di sicuro ce l'avrà con noi, chissà poi perchè.. Maledetta sindrome di Stoccolma!! Però io ora che sono cresciuto so da me che qualunque cosa ci sia la fuori non è peggio dell'inferno che si può nascondere all'interno di un'anima troppo oppressa.

La gioia del ballo ed il ritmo della milonga mi chiamano, piano piano, o almeno io tendo l'anima perchè questo accada. Ma la felicità si puo' provare solo se è vera, non se è esteriore, di facciata. Penso dentro di me che  lei sarebbe disposta ad assecondarmi in questo momento di felicità dei corpi anche se dentro, la sua anima, si stesse struggendo di livore. Donne.. Questo però a me ora non va più bene.. non ho viaggiato mezzo mondo per essere ancora la persona inutile che sono sempre stato. Oso: le chiedo come va, so riconoscere uno sguardo disperato quando ne incrocio uno, sono un paziente anch'io. 
"Non ce la faccio più a lottare.. l'altro giorno volevo scriverti, ero disperata. Ci sono dei momenti che vorrei buttarmi giù da un ponte.."

E' peggio di quello che pensavo. Pensavo che la fase acuta fosse passata, e invece era stata solo messa una coperta sul fuoco, per non far vedere agli altri che la fiamma ardeva ancora. Ma la coperta era di panno, e anzi che spegnere il fuoco lo stava ora accrescendo e alimentando con la sua stessa lana. Donne.. Le parlo un po', le dico che deve scrivere, sempre e comunque. Se anche non a me, di quello che le passa per la mente,le dico che anche per me lo scrivere ha sempre fatto e sempre farà la differenza tra vivere e sopravvivere. E lei più di chiunque altro a questo mondo sa qual'e' la differenza tra vivere e sopravvivere. Non parlo più le parole sono inutili, ma la faccio sentire protetta tra le mie braccia. E' come se stesse per piangere mentre balliamo, appoggiata al mio viso mentre andiamo in ronda nel nostro stretto abbraccio: la sento tenerissima come fosse un pulcino appena uscito dal guscio, infreddolita, morbida, abbandonata, l'abbandono che solo può seguire a un lungo pianto. Solo un bambino che ha avuto un grande spavento e poi abbia trovato un angolo di rifugio può abbandonarsi in quella maniera, totale, senza più speranza e pertanto incondizionata. La vita, quella le era sembrata di doverla lasciare quando aveva visto l'inferno da vicino; se è viva o morta ora non lo sa più. Neanche gli interessa più, sà che comunque non è dipeso da lei se ora è qui oppure no, ha saputo di non avere il potere di decidere neppure della sua vita. E quando cominciamo a considerare l'essere a questo mondo come un caso fortuito, una mal strappata clemenza di altri, un capriccio del destino, ci distacchiamo dalla vita e la guardiamo in terza persona: perchè no, non possiamo permetterci di affezionarci troppo ad una cosa che ci possono portar via da un momento all'altro, per capriccio, per stizza, per ira, per dispetto. Sento le mie spalle molto calde e forti ora per via del ballo e dell'adrenalina che scaturisce dai miei sentimenti. Se ora entrasse un rapinatore, e sparasse in questa direzione, io non avrei nessuna esitazione nel mettermi tra il proiettile e lei per farle da scudo: morire cosi' sarebbe sensato e dolce. Le parole finiscono, la musica finisce, il ballo finisce, il mio pensiero rimane.

Chi sono io per aiutare qualcuno? Chi sono io per fare qualcosa? Che cosa posso fare io per aiutarla? Ormai tutti, ma quel che più conta io, so che non posso più non fare niente. Il problema è che benchè io ormai lo sappia fortemente, ancora non ho il coraggio di essere fino in fondo il pazzo che vorrei essere. Per ora pianifico ed agisco di strategia, il più delle volte almeno. E infatti agirò: lascerò i tempi al destino e le parole alla mia anima, che è da un po' ha stretto una segreta alleanza con la mia pazzia. E se Dio mi darà il coraggio e magari una briciola della sua forza, l'aiuterò, perchè sento di conoscere la soluzione: non conosco fino in fondo il problema ma sento fortemente dentro di avere la soluzione, o forse che il mio morire nel tentativo di aiutarla sarà comunque d'aiuto. L'alternativa d'altronde la conosco bene, impotente di fronte al male una altra volta? Nooo... non questa volta, non sono più la persona fragile che vi aspettavate di trovare, cari demoni che alloggiate nella mia anima. Ora sono lucido, e questa volta vi guarderò dritto negli occhi uno per uno, e vi chiederò che cosa volete, e non avrò più paura della paura. E loro mi saranno grati di questo perchè i demoni che vivono nell'oscurità dell'anima vogliono semplicemente essere capiti ed ascoltati, possibilmente con un sorriso del cuore: desiderano solo e anch'essi la loro piccola goccia di sole.

Chi sono io? Ora una risposta c'è l'ho. Io sono la lotta. Se il male mi ucciderà allora per un momento gli sembrerà di aver vinto, ma il mio esempio non scomparirà dagli occhi di chi ha visto. White Clay è il mio nome e so che arrendersi al male un'altra volta sarebbe peggio della morte, per cui non ho niente da perdere. "So chi ti ha fatto del male, e questa volta non sarà l'innocente a finire giù dal ponte".

White Clay